«Massimo Fanelli si è spento ieri, stroncato dalla Sla, ma la battaglia per la legge sul fine-vita continua» commenta la senatrice Elena Ferrara, componente della Commissione diritti umani e dell’Intergruppo parlamentare eutanasia legale e testamento biologico. «Purtroppo – aggiunge la Senatrice Democratica – il sentore diffuso è che non ci siano le condizioni per l’approvazione di questa norma, almeno non in tempi brevi. Eppure di fine-vita, nel nostro Paese, si parla da oltre 10 anni. Il primo a squarciare il velo fu Piergiorgio Welby, scomparso nel 2006, senza dimenticare il caso di Eluana Englaro e quello più recente di Dominique Velati, l’infermiera di Borgomanero malata terminale che nel dicembre scorso ha scelto di compiere un ultimo viaggio verso una clinica svizzera, per porre fine alle proprie sofferenze in modo assistito».

«Questo tema, così complesso e delicato, non può e non deve essere al centro del dibattito pubblico soltanto quando si verificano dei decessi di persone che hanno combattuto in nome di un diritto e delle quali abbiamo il dovere di raccogliere le eredità» sottolinea Ferrara. «L’argomento va affrontato in modo serio, attraverso il confronto tra i diversi punti di vista. Auspico che l’iter della legge di iniziativa popolare numero 1582, promossa dall’associazione Luca Coscioni, possa procedere celermente. Il provvedimento che giace alla Camera dal 13 settembre 2013, non ha l’obiettivo di legalizzare il suicidio – conclude Ferrara – ma vuole riconoscere a ogni essere umano dignità e autodeterminazione, dando la possibilità di scegliere in modo consapevole della fine propria esistenza. Un diritto, appunto».

 


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