“Stiamo per aggiungere un altro mattone alla costruzione di un grande edificio che ha come oggetto proprio la riforma del sistema bancario” – è quanto ha affermato il sen. Mauro Maria Marino, Presidente della Commissione Finanze e tesoro, intervenendo in Aula nel corso della discussione sul decreto legge di Riforma del credito cooperativo.
“Stiamo lavorando alacremente per avere una soluzione che sia compatibile con le regole, – ha proseguito Marino – che dia tranquillità e garanzie a investitori e risparmiatori e certezza agli istituti di credito. Quando parliamo di riforma del sistema bancario non possiamo prescindere dal fatto che qui non si tratta di una questione solo italiana, ma europea e il tema di fondo è quello dell’unione bancaria europea.
Enumerando le misure adottate in materia creditizia dal Governo e dalla maggioranza che lo sostiene, sono sempre stato convinto – ha continuato Marino – che le azioni indirizzate alle banche e agli intermediari finanziari costituiscano uno strumento fondamentale di politica economica, con riflessi significativi per l’economia reale – in particolare per gli aggregati famiglie e imprese – ma anche per le finanze pubbliche.
Mi ritengo soddisfatto del nuovo assetto della galassia del credito cooperativo – ha proseguito il Senatore dem – il cui intero progetto di riforma è stato seguito dalla Commissione Finanze.
Il credito cooperativo rappresenta un elemento di peculiarità e si è parlato, soprattutto nel dibattito in Commissione, di una “biodiversità finanziaria”, che ha bisogno di essere sostenuta in un momento di rapidi mutamenti. Non lo si fa con le risorse pubbliche, ma attraverso una impalcatura giuridica che risponda all’esigenza di vigilanza sistemica e salvaguarda le singole realtà economiche vicine al territorio, mette a fattore comune servizi ed esperienze ed è una risposta forte del sistema della politica.
Il “mattone” posto oggi da questo provvedimento – ha concluso quindi Marino citando Orwell – va nella direzione di un’idea di Europa, fondata su diritti certi per tutti, perché nel difficile equilibrio tra diritti e doveri auspichiamo che tutti gli Stati siano uguali e non ci sia nessuno più uguale degli altri.


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