Mauro Maria Marino è un educatissimo senatore torinese. Il teatrino attorno alla commissione di inchiesta sulle banche ne sta mettendo a prova l’aplomb. Lui è vicepresidente in quota Pd, l`altro è Renato Brunetta in quota Fi. Chi passa in questi giorni davanti all’ufficio del presidente Casini li sente spesso discutere tutti e tre.
Non è così?
«Abbiamo sensibilità diverse ma stiamo cercando di trovare un punto di equilibrio per il bene della commissione».
Manca un mese, o meno, allo scioglimento delle Camere. Dopo di allora dovrete sospendere i lavori e limitarvi a scrivere una relazione. Riuscirete ad ascoltare il governatore della Banca d`Italia e il ministro del Tesoro?
«Casini ha delegato me e Brunetta per un`ipotesi di calendario: dovremmo ascoltare il presidente della Consob Giuseppe Vegas il 14 dicembre (il giorno dopo scade il suo mandato, ndr), il 15 Ignazio Visco, il 18 Pier Carlo Padoan. Stiamo cercando una data per sentire il presidente della vigilanza unica europea Danielle Nouy. Sul resto ci confronteremo».
Ad esempio non avete deciso se ascoltare l`ex numero uno di Unicredit, Federico Ghizzoni. Proprio ieri la sottosegretaria Boschi ha deciso di querelare chi l’ha accusata di aver chiesto il suo intervento per salvare la banca di cui il padre era vicepresidente.
«C`è chi ha fatto questa richiesta, ma mi sembra che il presidente Casini consideri esaurite le audizioni del filone Etruria».
Sentirete anche Mario Draghi?
«La richiesta di ascoltarlo è arrivata solo dai Cinque Stelle. Nell’esercizio del suo mandato Draghi è chiamato a rispondere di fronte al parlamento europeo, non a quelli nazionali. L`audizione della Nouy penso possa darci tutte le risposte».
Insediare una Commissione a due mesi dall`inizio della campagna elettorale non è il massimo per un lavoro così delicato, non crede?
«La commissione serve, e lo sta dimostrando. Devo ammettere che l`utilizzo strumentale che ne stanno facendo alcuni gruppi rischia di essere negativo per il Paese. Non perché pensi che dobbiamo sostituirci alla magistratura, ma per capire cosa non ha funzionato e cosa può fare il Parlamento per evitare che casi come Mps, Etruria o delle due banche venete si ripetano in futuro. Qui in troppi seguono invece il proprio tornaconto politico».
Cosa non ha funzionato?
«Il mondo in questi anni è cambiato, e ci vuole un nuovo equilibrio fra le esigenze di stabilità care alla Banca d`Italia con quelle della trasparenza affidate alla Consob. Le cito letteralmente cosa ci è venuto a dire il procuratore di Ferrara: “Esiste un vuoto normativo rispetto all`obbligo di Banca d`Italia di informare la Consob rispetto tutti i dati che possono riguardare gli aumenti di capitale”. Nella prossima legislatura dovremo occuparcene».
È emersa anche una certa lentezza delle procure nel rispondere agli input della Banca d`Italia: è successo ad esempio nel caso della Popolare di Vicenza. O no?
«Vero. L`ipotesi avanzata dal vicepresidente del Csm Legnini sul vostro giornale di una procura nazionale per i reati finanziari non mi spiace».
Alcune delle banche fallite sono state strozzate dai crediti deteriorati. Pensa abbia ragione la Bce a chiedere di smaltirli rapidamente?
«Un mercato di quei crediti non è mai partito: era uno degli obiettivi del Fondo Atlante, poi i soldi furono utilizzati invano per la ricapitalizzazione delle due ex popolari venete. Le giuste preoccupazioni delle istituzioni europee possono aver indebolito il peso contrattuale di alcune banche nei momenti di difficoltà. Durante le audizioni ho avuto la sensazione che qualche investitore ne abbia approfittato».
A quali casi pensa in particolare?
«Sia a Etruria che Monte dei Paschi».


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