“Abbiamo già dato!”. È secca la risposta di Mauro Maria Marino, presidente della Commissione Finanze del Senato, quando gli si chiede che cosa pensi dell`addendum alle linee guida della Bce sui crediti deteriorati, presentato il 4 ottobre scorso dalla presidente del Supervisory Board della banca centrale
europea, Daniele Nouy. Norme che se al termine della consultazione avviata (si concluderà 1`8 dicembre) dovessero rimanere immodificate imporrebbero alle
banche di coprire con il capitale di garanzia il 100% del valore dei crediti deteriorati entro sette anni dall`iscrizione a bilancio (se garantiti), limite che però scenderebbe a soli due anni se quei crediti fossero privi di garanzia. «Non voglio nemmeno toccare il tema, non irrilevante, del contrasto di queste misure con le regole già approvate a livello comunitario e nazionale, penso ai principi contabili internazionali, come l`Ifrs 9, in vigore dal prossimo gennaio. Io preferisco rimanere al merito della questione: una stretta del genere, così onerosa per un sistema che ha già fatto uno sforzo enorme per riportare le situazioni critiche a un livello di sicurezza, sarebbe devastante. Un`ipotesi da contrastare con tutte le forze. Io mi aspetto che tutti gli italiani, dai gruppi parlamentari nazionali, agli eurodeputati, al governo si mettano di traverso. Quelle misure non devono passare».
Domanda. Di questi tempi, a compagna elettorale virtualmente avviata, non tira molto aria di unità nazionale.
Risposta.
Guardi che qui in ballo non c`è qualche decimale di punto nei sondaggi, ma la ripresa dell`Economia, che è appena ripartita e che una stretta del genere strozzerebbe nella culla. Misure del genere costerebbero miliardi di accantonamenti che verrebbero sottratti al credito per le imprese e le famiglie, inoltre stresserebbero inutilmente le banche che hanno già fatto uno sforzo enorme. I dati ufficiali dicono che da gennaio a luglio le sofferenze nette sono calate del 23%, arrivando a 65 miliardi, mentre negli ultimi sei anni, quindi dal momento peggiore della crisi, il sistema bancario ha  accantonato ben 152 miliardi di euro per far fronte ai crediti deteriorati. Questo è quello che ha fatto l`Italia e che continua a fare, rispettando le regole, molto pesanti, adottate dall`Unione europea, Le ultime, peraltro, emesse nella scorsa primavera. Per usare una terminologia vetusta, che spero nessuno voglia più tirare fuori, noi i nostri compiti a casa li abbiamo fatti, altri no. Anzi, peggio, i professori si sono proprio scordati di assegnarli.
D. A che cosa si riferisce?
R.
Alla montagna, e il termine è quanto mai appropriato, di derivati e di asset illiquidi che si nascondono nei bilanci delle banche dell`Europa centrosettentrionale. Vede, gli Npl, i crediti deteriorati, sono la conseguenza della crisi finanziaria globale. non la causa. Quella è dipesa dai derivati. Le ricordano qualcosa la Lehman Brothers, la Northern Rock, la Royal Bank of Scotland, cadute come birilli quando è scoppiata la bolla dei derivati? La prima è fallita, le altre sono state salvate a spese dei contribuenti dei loro paesi. Naturalmente tutti dissero: Mai più! Peccato che i derivati siano ancora lì. Cito a memoria, quindi mi scuso se il dato non è corretto alla virgola, ma i derivati costituiscono circa il 9% del totale attivo delle banche italiane, contro il 18% della media Ue e il quasi 30% del sistema tedesco. Se poi passiamo agli asset illiquidi e complessi, non meno pericolosi dei derivati per la stabilità degli istituti, visto che in caso di crisi difficilmente potrebbero essere monetizzati, secondo il Risk Outlook prodotto da Consob, queste poste per le banche tedesche, inglesi e francesi pesano da 7 a 10 volte di più del capitale di garanzia il Common Equity Tierl. Stiamo parlando dei cosiddetti attivi di Livello III che assieme alle cosiddette esposizioni forborne (quelle che hanno ottenuto modifiche contrattuali rispetto alle condizioni originali di finanziamento) in Italia pesano per il 24% del patrimonio netto tangibile, mentre nella media Ue si supera il 30% e in Germania il 50%. Però per i regolatori europei e per la Vigilanza della Bce il mostro da uccidere sono gli Npl, guai a dirgli che vanno ripensati anche gli accantonamenti a copertura di derivati e asset illiquidi. Quelli possono restare come sono, mentre per i crediti deteriorati, bisogna aumentare in continuazione le scorte, fino ad arrivare al 100% dello stock. Una follia, in cui però c`è del metodo.
D. Cioè del calcolo politico?
R.
E certo. Gli istituti italiani e spagnoli fanno più credito che trading. Si ricorda Giulio Tremonti? Nel 2009 sosteneva che le banche italiane si erano salvate dalla crisi perché erano < motivo per cui, quando la crisi finanziaria globale, per effetto anche della successiva crisi del debito sovrano. si è trasformata in crisi economica, sono esplosi i crediti deteriorati.
D. Che sono comunque un bel problema.
R.
Vero, ed infatti, a costi notevoli per il sistema e anche per le casse pubbliche, ci abbiamo messo riparo. Gli altri, però, possono continuare a fare investimenti speculativi e imbottirsi di prodotti pericolosissimi, senza dover fare ricapitalizzazioni e superando pure agevolmente gli stress test dell`occhiuta Eba. Ecco, non può continuare così. Io credo davvero che qualsiasi italiano, quale che sia il suo ruolo nelle istituzioni nazionali ed europee, dovrebbe dire forte e chiaro: Abbiamo già dato. Ora cominciate a rivedere i criteri di contrasto delle altre esposizioni a rischio. Fintanto che non toccate quelle, lasciate stare gli Npl. La stabilità del sistema non si ottiene annullando un solo rischio.
D. Quasi una chiamata alle armi. Però se si guarda all`esperienza passata gli italiani raramente hanno picchiato i pugni sul tavolo, né a Bruxelles, né a Francoforte.
R
. È abbastanza vero, però, diciamo che in passato l`Italia è stata abbastanza latitante nella fase istruttoria e in quella decisionale. Salvo accorgerci che c`erano problemi quando le regole europee erano già state approvate e si doveva solo recepirle. Noi della Commissione Finanze del Senato abbiamo invertito l`ordine e stiamo molto attivi nella cosiddetta fase ascendente, quando le regole si devono discutere. Per questo motivo martedì 17 ottobre discuteremo il parere da inviare alla Commissione Ue, che ha avviato la consultazione pubblica sull`intera problematica degli Npl. Ebbene, al di là dei toni, che nel corso di un`intervista possono essere ovviamente diversi, i contenuti di questa nostra conversazione ci saranno tutti, come ci sarà una raccomandazione, per me e per i miei colleghi molto importante. Alla Commissione chiederemo che dia corso agli indirizzi del Consiglio europeo perché si creino delle bad bank nazionali, in cui, come recitava il dispositivo finale della riunione del Consiglio dei ministri Ue dell`Il luglio scorso, «siano definiti principi comuni circa i perimetri pertinenti applicabili agli attivi e alla partecipazione, le soglie relative alla dimensione degli attivi, le norme per la valutazione delle attività, le strutture del capitale adeguate, le caratteristiche operative e in termini di governo societario, a livello pubblico e privato».
D. E se non dovessero darvi ascolto.
R.
Sta a noi farci ascoltare. Sarebbe un errore gravissimo sottovalutare il problema. Ha presente quello che diceva Joseph Fouché, ministro di polizia di Napoleone, a proposito dell`esecuzione del duca d`Enghien decisa ai tempi del consolato? «È peggio di un crimine: è un errore politico».


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