PER VALUTARE CORRETTAMENTE L`ACCORDO SULLA LEGGE ELETTORALE È NECESSARIO RAGIONARE dell`intero complesso di riforme su cui si sta lavorando: riforma del bicameralismo e dalla legge sul finanziamento dei partiti. Valutare il nuovo modello elettorale nel quadro di sistema disegnato dalle riforme costituzionali (in questo caso dalla riforma del Senato) e dalla stessa riforma del finanziamento ai partiti può dirci molto di più sui possibili effetti combinati dei diversi interventi. Credo che questa valutazione di sistema sia doverosa per una forza come il Pd, che della tradizione democratica-costituzionale ha fatto – e continua a fare – un proprio carattere identitario.
I rilievi critici avanzati in questi giorni da numerosi costituzionalisti sulla soglia d`accesso per la distribuzione dei seggi all`8% (per i partiti che non si coalizzano), e sull`ulteriore soglia del 35% per il raggiungimento del premio di maggioranza, trovano certamente ragioni robuste nella sentenza ultima della Corte costituzionale. Ciò nonostante, come sappiamo, in moltissimi meccanismi elettorali già adottati nel nostro ed in altri Paesi di matura democrazia viene adottata l`apposizione di soglie per l`accesso alla ripartizione di seggi in chiave anti-frammentazione. Il tema non è la soglia in sè, quanto la sua misura. Bene. Illustri costituzionalisti hanno notato che con il testo appena depositato alla Camera se anche una sola formazione politica (ma potrebbero essere assai di più), che si è presentata alle elezioni, raggiungesse il 7% e non la soglia d`accesso dell`8%, circa tre milioni e mezzo di voti non sarebbero «uguali», nel senso che non avrebbero la forza di esprimere neanche un rappresentante in Parlamento. Allo stesso modo, altri hanno notato che con la soglia per il premio di maggioranza al 35%, un terzo degli elettori raggiungerebbe il 55% della rappresentanza, mentre al 65% di essi spetterebbe il 45% di eletti.
Queste osservazioni vanno a mio parere sottoposte ad ulteriore valutazione negativa rispetto all`abolizione del Senato come Camera elettiva. Per una ragione essenziale: con il meccanismo elettorale previsto, la Camera dei Deputati vedrebbe accentuato il carattere di luogo della «dittatura della maggioranza», essendo peraltro solo alla Camera conservato il voto di fiducia. L`espressione «dittatura della maggioranza» non è in sé negativa, fu usata dai costituenti e appartiene al linguaggio dei costituzionalisti. Ma certo fotografa una situazione: nella sede (unica, a questo punto) della rappresentanza politica, così fortemente segnata dalla soglia di accesso e dal premio di maggioranza, le forze che esprimono il governo sono in grado di «vincere» sempre, essendo peraltro strette dal vincolo di fiducia nei confronti dell`esecutivo. Anche qui, questo «sacrificio» come può essere controbilanciato, in modo da apparire ragionevole e proporzionato nella valutazione complessiva di sistema? Ancora non sappiamo niente di quali saranno le funzioni del Senato riformato, poiché finora si insiste solo sul fatto che non sia elettivo e che non riconosca indennità ai suoi componenti. Forse un pò poco. Propongo qui solo primi scarni suggerimenti per una discussione che il Pd deve affrontare. Il primo: il Senato potrebbe detenere il potere vero di controllo delle pubbliche amministrazioni e di valutazione delle politiche pubbliche, oltre che un potere incisivo sulle nomine di competenza del governo per gli incarichi di maggiore responsabilità nelle pubbliche amministrazioni. Il secondo: il Senato potrebbe essere chiamato a co-decidere su legge di stabilità (così incidente su bilanci e azione di Regioni ed Enti locali), leggi costituzionali e penali, leggi di adempimento degli obblighi derivanti dall`appartenenza all`Ue e leggi di garanzia dell`unità giuridica ed economica della Repubblica. Il terzo: a meno di pensare ad uno sviluppo in senso federalista del nostro sistema, a comporre il Senato potrebbero essere innanzitutto – sul modello francese – rappresentanti di tutte le autonomie. Peraltro, con competenza in materia di valutazione di politiche e atti dell`Ue, questo rappresenterebbe un potente fattore di incremento verso l`integrazione europea di tutto il Paese. In sostanza, ciò che, secondo me, si potrebbe perseguire è che il Senato riformato fosse elemento riequilibratore del sistema, proprio in quanto Camera che per composizione, e per assenza del vincolo di maggioranza, può agire da contrappeso. Sono consapevole dei limiti di questi primi suggerimenti, ma mi conforta che questi temi siano e siano stati al centro del dibattito pubblico in tutti i Paesi europei in cui si è ragionato di riforma della Camera alta. Un`ultima osservazione, che non può sfuggire al Pd mentre discutiamo contestualmente anche dell`abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Questa scelta, com`è naturale, potrebbe condurre, in un sistema tendenzialmente bipartitico, ad una rilevantissima disparità di mezzi economici tra grandi partiti e partiti di media e piccola consistenza, e cioè a diversa forza di espressione politica democratica di cittadini di diverso orientamento.
È dunque indispensabile moltiplicare i nostri sforzi per costruire un sistema complessivo dato dalle tre riforme che sia, appunto, equilibrato e ragionevole rispetto ad esigenze che, in sé ognuna legittima, vanno composte per restituirci un risultato che riproduca quell`idea di democrazia matura, efficiente e moderna, competitiva rispetto agli altri modelli europei, che è idea propria del Pd. Io credo che la sintonia con il secondo partito del Paese su riforme elettorali e costituzionali vada certamente ricercata. Appartiene, direi, alla natura stessa di queste riforme. Non sarebbe però tollerabile, e rappresenterebbe una bruciante sconfitta politica, che il sistema riformato apparisse figlio di un`altra cultura politica e istituzionale, che non è quella del Pd, né quella della tradizione democratica e costituzionale italiana.
I rilievi critici avanzati in questi giorni da numerosi costituzionalisti sulla soglia d`accesso per la distribuzione dei seggi all`8% (per i partiti che non si coalizzano), e sull`ulteriore soglia del 35% per il raggiungimento del premio di maggioranza, trovano certamente ragioni robuste nella sentenza ultima della Corte costituzionale. Ciò nonostante, come sappiamo, in moltissimi meccanismi elettorali già adottati nel nostro ed in altri Paesi di matura democrazia viene adottata l`apposizione di soglie per l`accesso alla ripartizione di seggi in chiave anti-frammentazione. Il tema non è la soglia in sè, quanto la sua misura. Bene. Illustri costituzionalisti hanno notato che con il testo appena depositato alla Camera se anche una sola formazione politica (ma potrebbero essere assai di più), che si è presentata alle elezioni, raggiungesse il 7% e non la soglia d`accesso dell`8%, circa tre milioni e mezzo di voti non sarebbero «uguali», nel senso che non avrebbero la forza di esprimere neanche un rappresentante in Parlamento. Allo stesso modo, altri hanno notato che con la soglia per il premio di maggioranza al 35%, un terzo degli elettori raggiungerebbe il 55% della rappresentanza, mentre al 65% di essi spetterebbe il 45% di eletti.
Queste osservazioni vanno a mio parere sottoposte ad ulteriore valutazione negativa rispetto all`abolizione del Senato come Camera elettiva. Per una ragione essenziale: con il meccanismo elettorale previsto, la Camera dei Deputati vedrebbe accentuato il carattere di luogo della «dittatura della maggioranza», essendo peraltro solo alla Camera conservato il voto di fiducia. L`espressione «dittatura della maggioranza» non è in sé negativa, fu usata dai costituenti e appartiene al linguaggio dei costituzionalisti. Ma certo fotografa una situazione: nella sede (unica, a questo punto) della rappresentanza politica, così fortemente segnata dalla soglia di accesso e dal premio di maggioranza, le forze che esprimono il governo sono in grado di «vincere» sempre, essendo peraltro strette dal vincolo di fiducia nei confronti dell`esecutivo. Anche qui, questo «sacrificio» come può essere controbilanciato, in modo da apparire ragionevole e proporzionato nella valutazione complessiva di sistema? Ancora non sappiamo niente di quali saranno le funzioni del Senato riformato, poiché finora si insiste solo sul fatto che non sia elettivo e che non riconosca indennità ai suoi componenti. Forse un pò poco. Propongo qui solo primi scarni suggerimenti per una discussione che il Pd deve affrontare. Il primo: il Senato potrebbe detenere il potere vero di controllo delle pubbliche amministrazioni e di valutazione delle politiche pubbliche, oltre che un potere incisivo sulle nomine di competenza del governo per gli incarichi di maggiore responsabilità nelle pubbliche amministrazioni. Il secondo: il Senato potrebbe essere chiamato a co-decidere su legge di stabilità (così incidente su bilanci e azione di Regioni ed Enti locali), leggi costituzionali e penali, leggi di adempimento degli obblighi derivanti dall`appartenenza all`Ue e leggi di garanzia dell`unità giuridica ed economica della Repubblica. Il terzo: a meno di pensare ad uno sviluppo in senso federalista del nostro sistema, a comporre il Senato potrebbero essere innanzitutto – sul modello francese – rappresentanti di tutte le autonomie. Peraltro, con competenza in materia di valutazione di politiche e atti dell`Ue, questo rappresenterebbe un potente fattore di incremento verso l`integrazione europea di tutto il Paese. In sostanza, ciò che, secondo me, si potrebbe perseguire è che il Senato riformato fosse elemento riequilibratore del sistema, proprio in quanto Camera che per composizione, e per assenza del vincolo di maggioranza, può agire da contrappeso. Sono consapevole dei limiti di questi primi suggerimenti, ma mi conforta che questi temi siano e siano stati al centro del dibattito pubblico in tutti i Paesi europei in cui si è ragionato di riforma della Camera alta. Un`ultima osservazione, che non può sfuggire al Pd mentre discutiamo contestualmente anche dell`abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Questa scelta, com`è naturale, potrebbe condurre, in un sistema tendenzialmente bipartitico, ad una rilevantissima disparità di mezzi economici tra grandi partiti e partiti di media e piccola consistenza, e cioè a diversa forza di espressione politica democratica di cittadini di diverso orientamento.
È dunque indispensabile moltiplicare i nostri sforzi per costruire un sistema complessivo dato dalle tre riforme che sia, appunto, equilibrato e ragionevole rispetto ad esigenze che, in sé ognuna legittima, vanno composte per restituirci un risultato che riproduca quell`idea di democrazia matura, efficiente e moderna, competitiva rispetto agli altri modelli europei, che è idea propria del Pd. Io credo che la sintonia con il secondo partito del Paese su riforme elettorali e costituzionali vada certamente ricercata. Appartiene, direi, alla natura stessa di queste riforme. Non sarebbe però tollerabile, e rappresenterebbe una bruciante sconfitta politica, che il sistema riformato apparisse figlio di un`altra cultura politica e istituzionale, che non è quella del Pd, né quella della tradizione democratica e costituzionale italiana.