Io nelle relazioni politiche non ero abituata a questa aggressività e volgarità
Alla senatrice Anna Finocchiaro tutto si può dire
tranne che abbia perso la voglia di combattere, pure con
grinta, la sua battaglia di dirigente politico di lungo corso: «La
rottamazione? Direi che l`ho metabolizzata, e anche il fatto di
non esser più nella direzione, come Rosy Bindi e tanti altri,
l`ho trovato un fatto naturale quando un giovane gruppo
dirigente vuole imprimere una forte svolta al partito. Direi che
questa esclusione l`avevo messa nel conto… Però, e questo è il
punto, io nelle relazioni personali e in quelle politiche non
sono stata abituata all`aggressività e talvolta anche alla volgarità…».

L`accusa è rivolta alla nuova leva e al segretario Matteo
Renzi che ora guida il Pd?


«Penso che questo gruppo di giovani che vuole esercitare
pienamente la propria funzione rischi di commettere un
errore. Sbaglia chi ritiene che la qualità dell`esperienza e il
bagaglio di relazioni politiche vadano buttate via. Sarebbe un
errore tragico, un impoverimento del partito, che poi alla fine
si paga in termini di rinuncia all`autorevolezza, alla forza di
convincimento, alla capacità di perseguire il risultato. Non
siamo rami secchi da tagliare…».

Lei, come presidente della I commissione del Senato, ha
avuto in carico la legge elettorale. Ora l`iter, anche su input
di Renzi, è stato spostato alla Camera: i deputati sapranno
fare meglio dei senatori?


«Si è definito il Senato una palude. Ma è
stato semplicemente l`effetto di una decisione politica che aveva un nome
preciso: doppio turno proposto dal Pd. Purtroppo quel testo non ha avuto la
maggioranza…».
Alla Camera, ora, i termini della
questione non cambiano.

«Non cambiano, malgrado Renzi stia
facendo confusione sull`elezione del ‘sindaco d`Italia’… Comunque il dato
politico è che il Pd sembra aver scelto Forza Italia, un partito di opposizione
ostile al doppio turno, come interlocutore privilegiato. Addirittura in
conflitto con l`Ncd che è nostro alleato».

Ha capito qual è la legge elettorale che
vuole il segretario?

«Se il fine è, come ha dichiarato Renzi,
quello di sapere la sera delle elezioni chi ha vinto, allora lo schema non può
essere che quello del doppio turno. Solo il doppio turno garantisce la
governabilità mentre il premio di maggioranza può non essere raggiunto».

Quindi, quando lei sente parlare di «sindaco d`Italia»
intende doppio turno di collegio odi coalizione?


«Quando sento parlare di ‘sindaco d`Italia’ la prima cosa che
mi viene in mente è il semipresidenzialismo. Cioè l`idea che il
‘sindaco d`italia’ non sia altri che il presidente della
Repubblica o il premier eletto direttamente. E credo che questo
sia il piatto ricco al quale è interessato Berlusconi anche perché
noto che dai discorsi di Renzi e di Letta è sparito ogni
riferimento alla forma di governo. Così, quasi quasi, mi viene
l`idea che ci sia la voglia di fare al contrario: prima la legge
elettorale e poi, per default, la riforma della forma di governo.
E questo significa una spinta forte verso il semipresidenzialismo».

La preoccupa che Renzi stia trattando con Forza Italia?


«La maggioranza mi sembra già in subbuglio per questa
iniziativa. E registro una punta di amarezza: al Senato, il testo
concordato con il Pdl, allora alleato di governo, fece gridare
alrinciucio’. Ora invece Renzi che tratta con Forza Italia, che
sta all`opposizione, è ‘genio politico’. Se questo è il metro… Mi
amareggia. In un passaggio così difficile non tenere in
considerazione la voce degli alleati e cercare una
interlocuzione prioritaria con il partito di Berlusconi qualche
problema di stabilità lo crea. Oltre al fatto che sceglierlo come
interlocutore gli ridà un peso politico e strategico».

Le piace il Mattarellum corretto che tanto va di moda?

«E la mia proposta depositata a maggio. Però andava bene
prima che nascesse la destra di Alfano il cui arrivo abbiamo
salutato con favore sulla strada di una destra moderna. Ecco, il
Mattarellum sarebbe un regalo per Berlusconi e
significherebbe la morte politica di Alfano».

Che impatto ha la linea Renzi sui gruppi del Pd?

«Non ne abbiamo mai discusso. Immagino che ne avremo
occasione, come si fa nei partiti. Nella nostra storia, i gruppi
parlamentari non sono solo gli esecutori istituzionali di scelte
politiche che vengono adottate senza ascoltarli. Non siamo
amanuensi. I gruppi non potranno essere accantonati,
andranno anche ascoltati. Fare leggi non è così facile come
comunicare. Gli slogan spesso sono efficaci. Ma poi bisogna
trovare le maggioranze in Parlamento»».

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