Così spiega ai suoi la scelta: serve una nuova sinistra, lei è sveglia e già strutturata
ROMA Uno nessuno centomila Franceschini. C`è un motivo se l`ex ministro della Cultura ha stilato una lista dei modi in cui viene definito nel Palazzo: «Il manovratore, Andreotti, il gattopardo, Richelieu…». L`elenco è lungo. In fondo è ciò che appare agli occhi dei suoi interlocutori, siccome viene costantemente indicato al centro di ogni trama. Anche quando giura di non esserne coinvolto. L`ultimo caso è il sostegno alla candidatura di Schlein per la guida del Pd, sulla quale si narra ci sarebbero le sue impronte. Ne parlavano giorni fa persino due esponenti del centrodestra, che lo conoscono perché come lui sono figli della Dc. «Dario non l`ho proprio capito», diceva Rotondi. E Cesa di rimando: «Come fai a non capire. Lui sceglie chi poi vince». Invece Franceschini ritiene stavolta di non aver fatto un calcolo ma un azzardo, nel senso che considera arrivato il momento di agire nel Pd con uno «strappo, uno sprazzo di
novità». Lo ha spiegato ai compagni di corrente: «E cambiato il mondo, è cambiata la politica ed è cambiato il modo di fare politica». Ai suoi occhi Bonaccini tranquillizza la macchina del partito, che si sente «rassicurata» perché il governatore è espressione del buon governo emiliano ed è in «piena continuità» con la tradizione Pci-Pds-Ds-Pd. Ma non invertirebbe la tendenza verso un lento quanto inesorabile declino. Al contrario Schlein incarna «una nuova sinistra, puntata sui diritti civili, sull`ambientalismo. È giovane, molto mediatica, più strutturata di quanto sembri». Cogliendo le perplessità dell`uditorio, Franceschini è stato ancor più diretto: «Chi l`avrebbe detto che Meloni sarebbe diventata premier? Dobbianio capire che questa è la stagione della radicalità. Perciò bisogna provarci con Schlein, che è una sveglia». Anche troppo a sentire alcuni deputati dem. Quando alla Camera si sono votate le mo- zioni sull`Ucraina, l`hanno vista infrangere la disciplina di gruppo, evitando di votare contro il documento «tardopacifista» di Sinistra e Verdi. Ma senza dichiararlo. L`escamotage – non apprezzato dai suoi compagni – avrà fatto sorridere Franceschini, artefice di molte manovre parlamentari e convinto che Schlein abbia il profilo idoneo per ricomporre l`area progressista e contrastare l`azione di M5S. Perché, secondo l`ex ministro, è quello con i grillini il fronte su cui combattere oggi: l`atteggiamento aggressivo di Conte sull`elettorato di opposizione sta erodendo fasce di consenso. E serve un Pd «più innovativo» per contrastarlo. Ecco l`analisi che utilizza per ribattere alla tesi di un pezzo del partito, secondo cui «per cinismo e opportunismo» avrebbe puntato su Schlein per sopravvivere alla sconfitta insieme ad altri del sinedrio. Tesi che peraltro confligge con la versione opposta, an- che questa giunta alle sue orecchie: e cioè che è diventato matto o si è rimbecillito. Certo, colpisce la scelta di Franceschini, che negli anni del liceo andava in classe con la copia del Popo/o, sebbene sapesse che i «compagni» gliela avrebbero bruciata. È passato molto tempo da allora. Oggi l`ex ministro riconosce che il Pd rischia di spegnersi. E per evitarlo indica una linea che attraversa trasversalmente le correnti del partito e le spacca. L`altro ieri la sinistra interna si è riunita e si è divisa in tre: Zingaretti e Orlando per Schlein; Gualtieri per Bonaccini; mentre Bettini pensa ancora a Ricci o Amendola. Allo stesso modo nel gruppo lettiano, Meloni è per il governatore emiliano e Boccia per la sua attuale vice in regione. La verità è che tutte le aree sono destinate a scomporsi. In futuro saranno una o centomila, si vedrà. Di sicuro per Franceschini questa è l`«ora della radicalità». E del «primum vivere».


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