«È un uomo del popolo. Il Pd non deve diventare populista, ma rafforzare quell`anima popolare che in Emilia Romagna fa la fortuna di tutti. Bonaccini ha l`esperienza per tenere unito il partito in un momento di passaggio, e allo stesso tempo le capacità per parlare alle persone. Io guardo a quello che le persone fanno, oltre che a quello che dicono». Annamaria Furlan spiega così la sua scelta di campo in vista del congresso del Partito Democratico.
«C`è bisogno di un partito forte, che torni a guidare le alleanze e non a subirle, perno e motore della scena politica». La sua scelta sulla strada del congresso dem, Annamaria Furlan la ufficializza anche così, guardando più al Pd che verrà che a quello in cerca di sé stesso di questi tempi. La senatrice genovese, ex segretaria generale della Cisl, il suo endorsement a Stefano Bonaccini in qualche modo l`aveva anticipato a Natale, con la sua presenza alla presentazione del ticket tra il governatore emiliano e Pina Picierno. Oggi spiega i motivi della sua presa di posizione lanciando un messaggio al mondo dem, a Roma come sui territori. «Serve lavorare ad un grande partito popolare capace di ripartire dal basso, dai circoli, lì dove si crea partecipazione, si rendono protagonisti giovani e donne, si dà dignità al lavoro – spiega Furlan – È il momento di rovesciare la piramide decisionale, le periferie non si enunciano ma si vivono».

Senatrice, tra i candidati alla guida del Nazareno ci sono due donne, Elly Schlein e Paola De Micheli: perché sceglie di sostenere Bonaccini?

«Perché è un uomo del popolo. Il Pd non deve diventare populista, ma rafforzare quell`anima popolare che in Emilia Romagna fa la fortuna di tutti. Bonaccini ha l`esperienza per tenere unito il partito in un momento di passaggio, e allo stesso tempo le capacità per parlare alle persone. Io guardo a quello che le persone fanno, oltre che a quello che dicono. E se guardiamo a quello che ha fatto Bonaccini a casa sua, troviamo il taglio drastico delle liste d`attesa in sanità, i miliardi sul patto per il lavoro e per il clima, il dialogo con le rappresentanze sociali e tanto altro».

Un conto è fare il governatore regionale, però, e un altro è guidare un partito in crisi. Non crede?

«Per questo mi auguro che alla fine del percorso congressuale trovino un ruolo definito nella stessa squadra dirigente tutti e quattro i candidati, Schlein, De Micheli e Cuperlo compresi. Avremo bisogno di tutti».

Cosa ha fatto peggio, al Pd: il tonfo elettorale, gli scandali recenti, i movimenti congressuali?

«Io continuo a pensare di far parte dell`unico partito al cui interno esiste una discussione: abbiamo perso 800mila voti ma da altre parti c`è chi si atteggia da vincitore dopo averne persi milioni e milioni. La discussione nel Pd c`è, ma è aperta, e con questo congresso mobiliterà cuore e testa di migliaia di militanti».

Il problema, però, forse sta qua. I militanti si sentono tagliati fuori, l`appello dei circoli genovesi affidato a Repubblica è arrivato fino a Roma, ma pare con pochi risultati.

«Il congresso si fa anche per questo, per definire un nuovo modello che dia più forza, responsabilità e capacità decisionale ai territori. Non si è un grande partito di popolo, se non si parte dai cittadini. La partecipazione non si costruisce al centro, a Roma, ma nel Paese».

In che modo, però?

«Trovando gli strumenti per ascoltare la base, con un confronto che sia quotidiano, e non legato ai grandi eventi e agli appuntamenti elettorali. Ma questo vale per i militanti come per le grandi organizzazioni, sindacati per primi. Non serve un Pd che faccia solo testimonianza, ma un Pd che si ricandidi a fare da governo al Paese».

In Liguria, in tema di congresso, l`area a cui fa riferimento si è spaccata. Cosa vuol dire?

«Io non ho mai fatto vita di corrente, ma se nel futuro cambieranno certe
dinamiche sarà solo un bene. Le correnti sono nate come movimenti di idee, ma hanno finito troppo spesso per indebolire il Pd. Ribadisco, ripartiamo dai circoli, dagli uomini e dalle donne di questo partito».

Modello Bonaccini, insomma. Meglio “attraversarle”, le correnti.

«Bonaccini non ha costruito il suo percorso politico sulla scia di una corrente, ma sulla capacità di stare in mezzo alla gente, ascoltare base e alleati. Per questo, c`è bisogno del modello emiliano. Prima ridefinire con forza la propria identità, poi costruire alleanze vincenti».

A chi pensa dovrà guardare, il Pd di Bonaccini? Al Terzo polo o al M5s?Per il momento, entrambi vi rubano voti.

«Le alleanze si costruiranno in base alla condivisione di obiettivi e percorsi. Il problema è che davanti ad un governo che sta portando avanti la sua azione a colpi di fiducia, le opposizioni dovrebbero rafforzarsi facendo fronte comune. E invece, drammaticamente, succede il contrario. Anche per questo, c`è bisogno di un segretario che sappia rafforzare l`identità del partito e dialogare con tutti».

A Genova il dialogo con il M5s continua, mentre lv e Azione sono già da tempo alleati con la destra. Sarà mai recuperabile, il centro?

«Io posso parlare per l`azione parlamentare di opposizione. Iv come M5s stanno dimostrando di non sapere mettere davanti il bene comune alla caccia al consenso. Speculano, senza pensare che le elezioni sono passate. Serve fare opposizione, ora, con dei no e delle proposte serie. Dal presidenzialismo alla riforma sull`autonomia, il Paese sta rischiando troppo: è il momento di mettere da parte i calcoli e fare azione comune».

Questo pensa vada ricordato anche al Pd? In cosa si deve fare autocritica, a sinistra?

«In questi anni abbiamo lavorato tanto, senza riuscire a trasmetterlo. Penso al tema del lavoro, ad esempio. Senza crescita e sviluppo non c`è ricchezza, ma non c`è stata la capacità di mettere dei giusti argini alla precarizzazione del mondo del lavoro e tutti i problemi annessi. In questi anni, anche in fase di crescita, non c`è mai stata una reale capacità redistributiva della ricchezza».

Il prossimo 10 gennaio i lavoratori dell`ex Ilva saranno in sciopero. Che ne pensa, dell`idea del sindaco di Genova di destinare una parte delle aree di Cornigliano alla logistica?

«Le aree dell`ex Ilva sono aree industriali. Di sicuro urge capire il piano di Arcelor Mittal su Taranto e Genova, la siderurgia è ancora indispensabile per questo Paese. Dopo questo passaggio, allora si potrà discutere di aree e nuovi fronti di sviluppo. Ma prima serve avere un piano industriale sulle nostre acciaierie su cui discutere».


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