“Il sistema pensionistico italiano penalizza chi si fa carico del lavoro di cura famigliare, che nella quasi totalità dei casi sono donne. Una situazione su cui troppo spesso si è discusso senza individuare soluzioni, oggi ulteriormente aggravata dalle scelte adottate dal Governo Meloni. E’ per questa ragione che ho voluto presentare un disegno di legge che consentirà di assicurare contributi figurativi per le madri e per i caregiver”. Lo afferma la senatrice del Partito Democratico Annamaria Furlan, prima firmataria del Ddl sottoscritto anche dai senatori Zampa, Zambito, Alfieri, Basso, La Marca, Malpezzi, Meloni, Nicita, Parrini, Rando e Rojc.

“E’ necessario agire sulla previdenza – spiega Annamaria Furlan – per ridare ruolo e riconoscimento al lavoro di cura. In particolare per le donne madri, tenendo in debito conto i sacrifici legati alla nascita o adozione di un figlio, il lavoro di cura necessario e la ricaduta in termini lavorativi e di crescita professionale. Ma anche per chi è chiamato ad occuparsi dell’assistenza ad un familiare, coloro che abbiamo imparato a conoscere con il nome di caregiver”.

“Questo disegno di legge – sottolinea Furlan – si propone come strumento di tutela delle madri, riconoscendo nel contributo di cura e nel sacrificio lavorativo profuso il valore sociale della maternità. Un anno di contributi figurativi per ogni figlio, fino ad un massimo di tre anni. E’ uno strumento pensato per fronteggiare una delle emergenze del Paese, la denatalità, e le pari condizioni di crescita prefessionale. Va infatti evidenziato – spiega la senatrice Pd – come la carriera assicurativa previdenziale delle donne sia sempre più limitata rispetto a quella degli uomini e di conseguenza gli importi delle pensioni sono sempre più bassi e il lavoro familiare delle donne non sia mai quantificato né riconosciuto dal punto di vista socio-previdenziale”.

“Allo stesso modo il Ddl prevede la concessione di contributi figurativi per i caregiver famigliari. In questo caso la proposta prevede un anno di contributi ogni 5 anni di assistenza riconosciuta, fino ad un massimo di 4 anni. Si tratta di compiere – conclude Furlan – un primo passo significativo nel riconoscimento del ruolo sociale di cura e assistenza del caregiver”.


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