«Io sono riformista e cattolica, e rimango nel partito proprio per questo». A metterlo in chiaro, nei giorni agitati del nuovo Pd, tra fuoriuscite più o meno illustri al centro e «un`azione politica da far carburare», è la senatrice ligure dem Annamaria Furlan. Vicinissima all`ex segretario Enrico Letta, legami con pezzi importanti di centro (con la parlamentare renziana Raffaella Paita condivide anche l`associazione “Liguria Futura”) e sostenitrice della mozione Bonaccini all`ultimo congresso, l`ex guida nazionale della Cisl oggi non sarà al seguito di Elly Schlein nella sua trasferta ligure pre Amministrative – la segretaria sarà tra Sestri Levante e Sarzana tra le 18 e le 21, Furlan a Roma – ma manda il suo messaggio al mondo dem.
Due mesi dopo la vittoria di Schlein, cosa dice il passaggio di riformisti a Italia Viva? Un elemento di chiarezza, o una spia negativa?
«Solo una perdita. Se penso a Enrico Borghi, poi, penso a una persona di valore che se ne va. Il Pd cresce, nei sondaggi come negli iscritti, non è un momento negativo, ma non deve rinunciare a lavorare per fare da partito aperto, pluralista e inclusivo, la forza di cui ha bisogno il Paese, il modello per cui è nato da culture diverse che devono continuare a convivere nella stessa casa. Cattolici, progressisti, riformisti».
C`è spazio per tutti, in questo Pd?
«Il nuovo Pd deve essere radicale sui valori e pragmatico sulle scelte. E lo può essere discutendo al suo interno, confrontandosi, mantenendo la capacità di fare sintesi. Stando alla linea di politica estera, nella quale in tanti temevano la posizione di Schlein sull`Ucraina, mi pare si stia continuando a farla. Non è facile, ma la strada deve essere quella».
Da pro Bonaccini, ha mai pensato di non avere più posto nel Pd?
«Questo partito è casa mia, il mio maestro è stato Franco Marini, un grande cattolico che il Pd l’ha fondato e coniugando la propria storia con la missione del partito. Chi se ne va fa una scelta sbagliata, anche perché di obiettivi comuni per stare insieme ce ne sono tanti».
Ad esempio?
«Una su tutte, l’opposizione al disastro di questo governo. Hanno dimostrato di non avere neanche i numeri per lo scostamento di bilancio (ieri, ndr), ci hanno presentato un Def sbagliato nell`impostazione, che non sostiene la crescita, flagella la povertà. Si sono confermati impreparati, e sta a noi rappresentare l`alternativa».
Ci sarebbero delle praterie, per l`opposizione. E invece.
«Si dovrebbe dialogare di più, almeno sulle questioni essenziali serve Pd, sinistre, M5s e centristi trovino linee comuni. Su questo il Pd deve lavorare di più, è vero. Ma non su alleanze a tavolino, sui problemi reali».
Come la giudica, per la storia di sindacalista che ha, la scelta di Meloni di fare un cdm il 1 maggio?
«È una provocazione mai vista. E la beffa è che il decreto sul lavoro porterà un allargamento della precarietà, e viene proposto senza nessun confronto con parti sociali, territori, lavoratori».
Lei era a Genova il 25 aprile, quando sono stati fischiati Toti e Bucci. Cosa ne pensa?
«È stata una giornata di grande partecipazione, dopo tante polemiche. Non li avrei fischiati, rappresentavano le istituzioni e hanno detto cose condivisibili, ma hanno pesato le posizioni prese nel tempo da tanti, troppi esponenti della maggioranza che Toti e Bucci in qualche modo rappresentano».