Puntare sulla creazione di molti lavori, in attesa di politiche di investimento e fiscali selettive
GRAZIE AL CONGRESSO DEL PD E ALLE PROPOSTE DEL NUOVO SEGRETARIO MATTEO RENZI SUL «JOBS ACT» ha ripreso finalmente vigore il dibattito sul lavoro, che non consente «un`esistenza libera e dignitosa» e che non c`è peri giovani, e per le donne aggiungo io, la cui condizione di esclusione sembra sparita dalla discussione pubblica. Eppure, non sarebbe positivo che il confronto si concentrasse solo sulle formule contrattuali.
Sono almeno due le ipotesi interpretative del fatto che, a fronte dell`aggravarsi della crisi occupazionale, gli incentivi alle assunzioni non hanno prodotto i risultati sperati. Esse orientano le soluzioni al problema. La prima ipotesi, sostenuta per esempio da Sacconi: «Nessun incentivo economico può produrre risultati a fronte di un disincentivo normativo». Da qui la campagna sulla «semplificazione» delle forme e degli adempimenti contrattuali, tanto cara anche a Ichino.
Ma chiariamoci: non si può confondere «semplificazione» con «deregolazione». Lo dico fin d`ora: sono e resto contraria ad una modifica della natura del contratto di lavoro, che deve mantenere la specificità necessaria a riconoscere l`asimmetria del rapporto fra le parti e la tutela di quella più debole: la lavoratrice e il lavoratore. Quanto alla possibilità di aumentare l`area della «devoluzione» alle parti, resta aperta una questione fondamentale: la disciplina della rappresentanza. Bene ha fatto Renzi ad indicare questo come uno dei punti dell`agenda. Le proposte di legge ci sono: passiamo ai fatti, la questione entri nel Patto per il 2014. Ma a che pro introdurre nuove tipologie contrattuali, quando attraverso più devoluzione e più sussidiarietà è possibile modellare organizzazione e retribuzione del lavoro secondo ogni necessità? E vengo qui al tema del «contratto unico», che nasconde proposte diverse. Oltre a quella di Ichino (poche tutele dal licenziamento ma strumenti, onerosi per il datore di lavoro, per il ricollocamento), che però rischia rendere il sistema ancora più duale, c`è la proposta di Boeri e Garibaldi, secondo la quale, in sostanza, il rapporto di lavoro sarebbe a tempo indeterminato dalla sua instaurazione, ma senza limitazioni al licenziamento nei primi tre anni, con un indennizzo di entità crescente in rapporto alla durata. È intorno ad una elaborazione di questa ipotesi che mi pare si stia concentrando la proposta avanzata ieri da Matteo Renzi.
Ma ecco la seconda chiave interpretativa del problema occupazionale: non è per difetto di regolazione che non cresce la domanda di lavoro, ma perché il «cavallo non beve». Servono dunque politiche industriali, politiche fiscali di sostegno dei redditi da lavoro e da produzione, politiche di welfare anche per creare servizi in grado, a loro volta, di promuovere occupazione, senza dimenticare che ogni «posto» occupato da una donna produce altro lavoro. Si può fare in condizioni di riduzione della spesa pubblica? Certo, è molto complicato. Occorre puntare sulla creazione di molti lavori, anche per una fase breve, per attivare chi un lavoro non l`ha mai avuto e riattivare chi l`ha perso, in attesa che il «cavallo ricominci a bere» grazie a politiche di investimento e fiscali selettive.
Dalla capacità di ottenere risultati concreti per la vita delle persone dipenderà il successo di chi guida questa fase, nel Pd e nel Governo.