La violenza sulle donne si annida nella crisi avanzatissima dell’identità maschile
TANTE LE POLEMICHE CHE HANNO ACCOMPAGNATO IL DECRETO GOVERNATIVO SULLA VIOLENZA ALLE DONNE. MOLTE GIUSTE, MOLTE INGENEROSE. Quella più ripetuta è di essere stato affastellato insieme ad altri provvedimenti del tutto difformi. Ciò ha ferito tante donne e le tante legislatrici che si sono impegnate anima e corpo affinché la discussione sulla Convenzione di Istanbul avesse nelle commissioni e in aula un livello culturale, morale e politico, molto alto. Che non credo sia andato perso. Un lavoro che non si è tradotto pienamente nel decreto che però contiene cose buone nel metodo e nel merito: la rapidità e l`efficacia, la non verbosità massimalista, la genericità dei buoni sentimenti sempre corretti e benaltristi. Sì perchè tutte noi sappiamo che i problemi sono ben altri, che gli stereotipi, che la cultura e via elencando, ma intanto con questo decreto le donne portano a casa un pacchetto concreto: le corsie preferenziali nei processi, le modalità protette da garantire ai minori, la possibilità di rintracciare le entrate e le uscite dello stalker dal carcere, il permesso di soggiorno alle migranti.
Su due questioni il testo è davvero migliorato nel corso della discussione: la prima riguarda la copertura finanziaria, che certamente è ancora insufficiente, ma che riaggiusta lo squilibrio iniziale tra le treppunizione, prevenzione, e protezione. La seconda riguarda invece un tema che il movimento delle donne ha discusso ed elaborato da tempo, dividendosi con argomentazioni serie e ponderate. Mi riferisco alla procedibilità d`ufficio (che si discusse in passato a proposito della legge sulla violenza sessuale) o, nel caso del decreto, all`irrevocabilità della querela. Su questo c`è stato un dibattito molto acceso e pour cause. Personalmente diffido di ogni forma di procedibilità d`ufficio, perché toglie libertà alla donna, non risulta più efficace nella punizione, non funziona come deterrente, impaurisce ed espone la donna, qualora non si senta forte o semplicemente cambi idea, fosse anche per complicità con il suo torturatore. Le zone d`ombra tra amore e violenza, tra complicità e ribellione sono spesso imperscrutabili, e non possono mai trovare una soluzione legislativa davvero soddisfacente tra libertà e pena.
E, però il compromesso che si è raggiunto è equilibrato, e sufficientemente accettabile, perché prevede l`irrevocabilità solo per casi e reati gravissimi e diventa, invece per gli altri, revocabile, almeno in sede processuale. Questo lo ritengo particolarmente importante La violenza sulle donne si annida nella crisi avanzatissima dell`identità maschile perché credo che la libertà e l`autonomia delle scelte femminili siano un «patrimonio» irrinunciabile.
C`è poi un aspetto che dovremmo ritenere non meno importante, quello dei minori: l`87% dei maltrattamenti avviene sotto gli occhi dei bambini e dei ragazzi. Spesso i giudici li affidano ai nonni paterni perché non crescano nell`astio verso quel genitore che si è macchiato del più efferato dei delitti e che rischia di renderli definitivamente e assolutamente orfani nel senso più orribile. E per questo si avvia una lungimirante politica, ancorché indiretta, di recupero dei maltrattanti.
Infine, per tornare alle ragioni profonde: se il fenomeno della violenza femminile non si può risolvere in termini punitivi, non ritengo neppure sia una «semplice» questione culturale, alimentata dai così detti e famigerati stereotipi che una mentalità più aggiornata e progressista supererebbe risolvendo così la questione. Purtroppo questa non è una cosa che si impara a scuola, con migliori programmi o indicazioni di comportamento più corretti. Con corsi di formazione o sensibilizzazione.
La violenza alle donne si annida nella crisi ormai avanzatissima dell` identità maschile e della difficoltà femminile a relazionarsi con essa. La donna è una vittima che, paradossalmente, è tale perché è diventata troppo forte. E così la causa profonda, più che sull`educazione, risiede nella fragilità delle relazioni tra i sessi, nella solitudine che li accompagna ed in quella che è diventata una vera e propria trasformazione antropologica. Di questo bisogna essere consapevoli. Se non vogliamo fare chiacchere e lamentele dimostrative.

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