Facciamo troppe leggi, che si accumulano senza esito. Molte sono solo dimostrative. È (anche) il caso delle tante proposte legislative sul disastroso stato delle carceri. L`intervento di Napolitano, straordinario in tutti i sensi, sta lì a denunciarlo. Sostenibilità, passi concreti e simbolici di un percorso riformista, sono i principi che ispirano un nuovo disegno di legge sui bambini in carcere.
Il ddl è stato presentato al Senato. E contiene la relativa copertura finanziaria. I bambini non devono più stare dietro le sbarre. E, con questa legge, li potremo portare fuori. Case protette nelle quali accogliere i piccoli con le madri, asili nido che riservino un posto per loro e volontari che li possano accompagnare. La nuova legge si muove su questi obiettivi. La condizione dei bambini in carcere è straziante, sia di quelli piccolini che stanno con le mamme, sia di quelli più grandi che vanno in visita ai genitori in carcere.
Risolvere il problema è complicato per tante ragioni. È costoso pensare uno spazio ad hoc per loro con i sovraffollamento al limite della violazione dei diritti umani e anche perché, se i bambini non devono stare dietro le sbarre, è bene però stiano con la loro mamma almeno fino a tre anni. Dal 70 al 90% delle carceri italiane non prevede uno spazio per bambini in attesa di colloquio o la possibilità di consumare un pasto con il genitore recluso, di parlare loro al telefono, di usufruire di un orario che ne favorisca l`accesso, per esempio, non sono consentiti i colloqui alla domenica. Il 91% delle carceri non dispone di personale specializzato all`accoglienza. Questi e altri dati – ancora inediti, disarticolati e molto indicativi sono diffusi dall`instancabile associazione «Bambini senza sbarre» dedita da anni a questa causa.
Su questo triste scenario brillerebbe una luce: un`importante legge, la 62 del 2011, che sarà pienamente applicabile dal 1 gennaio 2014, attesa da un decennio, ha finalmente incluso la misura alternativa al carcere sin dal momento dell`arresto, ma tale misura viene subito ridimensionata dalle even- La loro condizione è straziante. Ci vogliono «case protette» dove accogliere i piccoli e le madri tuali «esigenze cautelari di eccezionale rilevanza» (che poi nella sostanza più che crimini di particolare efferatezza riguarda i casi di recidiva essendo le madri, prevalentemente rom o straniere, dedite al furto) e così, invece di essere una legge che porta definitivamente i bambini fuori dalle carceri, è diventata una legge che consente loro di rimanere con la mamma non più solo fino a tre ma fino a sei anni. A questo scopo vengono predisposti i cosiddetti Icam (Istituto di custodia attenuata per detenute madri), che per quanto «modellati ed adeguati» in funzione del rapporto mamma-bambino restano comunque realtà del tutto detentive, tradendo lo spirito della legge che è quello di allontanare i bambini dal carcere.
La vera novità, molto più positiva, introdotta dalla legge 62 è quella di avere invece introdotto l`istituto delle Case famiglia protette, regolamentate da un decreto del ministero della Giustizia dell`8 marzo 2013. Un`idea bellissima che però resta sulla carta per il problema di sempre: la mancanza di risorse (la legge, molto buona, come molte della nostra legislazione non ha soldi per essere applicata). E anche là dove qualche benefattore aiuta, le cose non sono affatto semplici: ci sono le mamme-ladre recidive, i Comuni non riescono a garantire i posti negli asili-nido né i trasporti e i volontari per accompagnare i bambini e, per di più, molte mamme risultano irregolari, ulteriore aggravante della situazione.
E la cosa è davvero odiosa anche perché stiamo parlando di piccoli numeri: alla fine del febbraio del 2013 in Italia c`erano 16 nidi per bambini in carcere che accoglievano 45 madri con 47 minori. È possibile trovare le risorse. Tanti sono coinvolti: la ministra Cancellieri è impegnatissima su questo problema, alcuni «benefattori», molti volontari, la Caritas e i cappellani delle carceri sono già in campo. Ci stiamo provando. Dobbiamo riuscirci.

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