Il disegno di legge approvato in Senato sull’introduzione nell’ordinamento italiano del reato di tortura è un passo avanti verso la garanzia del rispetto dei diritti umani per tutti.
L’Italia era in ritardo di trent’anni sull’attuzione della Convenzione ONU contro la tortura del 1984. Questo provvedimento qualifica la tortura come reato ‘comune’ e quindi imputabile a tutti i cittadini e non solo ai pubblici ufficiali, come avviene invece in molti altri stati occidentali.
Il testo prevede il perseguimento di coloro che compiono atti di violenza o di minaccia plurimi, trattamenti disumani o degradanti la dignità umana e omissioni che provocano acute sofferenze fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale su persone affidate alla propria custodia. La pena va dai tre ai dieci anni di reclusione.
E’ stabilita l’aggravante qualora il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni.
Viene anche prevista l’incriminazione per coloro che istighino a commettere tortura. In questo caso la pena varia da sei mesi a tre anni di reclusione.
Il testo prevede, inoltre, che: le dichiarazioni o le informazioni ottenute facendo ricorso al delitto di tortura non siano in alcun caso utilizzabili; sia prevista l’esclusione del respingimento, dell’espulsione o dell’estradizione di un individuo verso uno Stato nel quale rischi di essere sottoposto a tortura e non sia riconosciuta l’immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Paese o da un tribunale internazionale.