Presentato in Senato ddl per affettività in carcere
‘Un incontro al mese di tre ore con il proprio coniuge o partner in un locale non controllato; il diritto a trascorrere mezza giornata con i propri cari in apposite aree; qualche giorno di permesso in più da trascorrere in famiglia. Queste le proposte del disegno di legge che ho presentato per riportare l’umanità in carcere e non restituire alla società donne e uomini incattiviti da privazioni così dolorose. Il benessere affettivo e sessuale e il mantenimento dei rapporti familiari sono bisogni fondamentali che appartengono anche alle persone ristrette e ai loro cari.’

Così il senatore del Partito Democratico Sergio Lo Giudice, primo firmatario del ddl n. 1587 in materia di relazioni affettive e familiari dei detenuti presentato questa mattina nella sala Caduti di Nassirya del Senato e sottoscritto anche dai senatori Manconi, Bencini, Cirinnà, Dalla Zuanna, Di Giorgi, Favero, Fedeli, Filippi, Rita Ghedini, Guerra, Idem, Margiotta, Mastrangeli, Pagliari, Palermo, Pezzopane, Ricchiuti e Spilabotte.

‘La censura assoluta della sfera sessuale in ambito penitenziario rimanda a un’idea di persona detenuta non-uomo o non-donna’ ha affermato Luigi Manconi (Pd), presidente della Commissione Diritti Umani al Senato, presente alla conferenza stampa.

Rita Bernardini, segretaria di Radicali Italiani e depositaria nella scorsa legislatura dello stesso disegno di legge ha auspicato ‘tempi e spazi che permettano ai detenuti di coltivare i rapporti con i familiari, aprendo anche alla possibilità di avere rapporti intimi con coniugi o conviventi’.

‘La questione diritti umani in carcere non si ferma al sovraffollamento: serve ripensare la logica dei permessi, delle telefonate e delle opportunità trattamentali nei vari circuiti differenziati’ ha sostenuto Desi Bruno, garante delle persone private della libertà della Regione Emilia Romagna.

Presente anche Franco Corleone, garante dei detenuti della Toscana: ‘Esiste un diritto all’affettività, alla sessualità e alla salute, questione è stata fin troppe volte rimandata. Negli anni ’80 le donne protestavano con il ‘salto del bancone’ che le separava dai loro fidanzati e mariti. Oggi serve una legge’.

Ornella Favero, direttrice della rivista Ristretti Orizzonti che da tempo solleva il tema anche con iniziative dentro le carceri, suggerisce la ‘liberalizzazione delle telefonate’: ‘Questo Natale un detenuto ha dovuto scegliere tra telefonare alla madre o alla figlia. In carcere gli affetti si curano con i colloqui e con le telefonate: quale prevenzione dei suicidi è migliore di una telefonata a casa?’


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