“Si chiede di sapere se i ministri in indirizzo, intendano recuperare il corpo del nostro Giovanni Lo Porto, come chiesto dalla famiglia, e quali azioni pensano di intraprendere in tal senso”. Lo chiede il senatore del Pd Giuseppe Lumia ai ministri degli esteri, Paolo Gentiloni, e della difesa, Roberta Pinotti, in un’interrogazione parlamentare. Nell’atto di sindacato ispettivo Lumia chiede, inoltre, “se, al di là delle scuse poste dal presidente Obama al nostro Paese e ai familiari di Giovanni Lo Porto, non ritengano indispensabile rinegoziare con gli alleati ed in particolare con gli Stati Uniti le regole sui sequestri di persona nei teatri di guerra internazionali e sulle relative trattative per una cooperazione tra le varie forze di intelligence”.

Segue il testo integrale dell’interrogazione:
 
Ai ministri degli esteri e della difesa. – Premesso che:
la morte del cooperante italiano Giovanni Lo Porto solleva molte domande sia per come è maturata sia per il ritardo con cui sono stati informati il nostro Paese e i familiari;
secondo le ricostruzioni fornite dal presidente degli Stati Uniti d’America Giovanni è rimasto coinvolto, insieme all’ostaggio americano Warren Weinstein, in un raid antiterroristico dell’esercito statunitense contro i talebani. Il raid è stato condotto con dei droni alla fine di gennaio 2015 in una zona ai confini tra il Pakistan e l’Afghanistan;
a distanza di circa tre mesi il presidente Obama ha informato le autorità italiane chiedendo scusa per quanto accaduto. Ma la morte di Giovanni Lo Porto non può essere derubricata a mero incidente o a tragica fatalità. Anzi solleva una lunga serie di questioni e interrogativi che chiamano in causa le nostre istituzioni, quelle statunitensi e il ruolo che il nostro Paese ha nelle varie missioni internazionali a cui partecipa;
Giovanni Lo Porto, infatti, era sequestrato da ben tre anni e più precisamente dal 19 gennaio 2012 quando fu prelevato, insieme al suo collega tedesco Bernd Muehlenbeck, nella città pakistana di Multan presso la sede della Ong tedesca per cui lavorava. Entrambi venivano, quindi, trasferiti oltre il confine, in Afghanistan, nella zona di Kost sotto il controllo tribale dei talebani;
nelle settimane successive al rapimento appare subito evidente che il sequestro non è opera di predoni solo in cerca di riscatto. Sia l’intelligence italiana che quella tedesca si rendono conto che la soluzione per il rilascio dei due ostaggi necessita di risposte politiche. Una situazione complessa aggravata dalla difficoltà di trovare degli interlocutori tra i talebani che, dopo l’uccisione di Bin Laden nel maggio del 2011, non avevano più dei riferimenti apicali precisi;
durante i mesi successivi l’intelligence italiana e tedesca continuano ad avere le prove dell’esistenza in vita di entrambi gli ostaggi e nel dicembre 2012, alla vigilia di Natale, gli uomini di Al Qaeda riprendono in un video l’ostaggio tedesco mentre lancia un appello alla moglie alla quale chiede di fare pressioni su Angela Merkel. Tutto fa pensare che stiano maturando i tempi per la liberazione, ma un’offensiva di terra dell’esercito pakistano fa precipitare la situazione e tutto piomba nel silenzio;
all’inizio del 2013 un video ritrae Bernd Muehlenbeck in pessime condizioni fisiche. È il segno che i due ostaggi sono in mano ad altri gruppi di sequestratori. Sia Roma che Berlino tentano, allora, di accelerare l’impegno per il rilascio degli ostaggi, ma nell’estate cambia ancora lo scenario poiché i talebani decidono di separare i prigionieri e da quel momento le trattative prendono due strade diverse;
Giovanni Lo Porto verrà trasferito nella valle dello Shawal, in Waziristan, sotto il controllo dei vertici di Al Qaeda. Da quel momento il cooperante italiano condividerà la prigionia con un altro ostaggio, l’americano Warren Weinstein;
nell’ottobre del 2014 viene liberato, dopo il pagamento del riscatto, il tedesco Bernd Muehlenbeck. Mentre, sempre a fine ottobre, un video appello di Giovanni Lo Porto viene mostrato alla famiglia. Il video oltre a rassicurare i familiari suscita ottimismo tra gli stessi servizi italiani. Tutto fa pensare che ci siano i margini per la sua liberazione da lì a poche settimane;
si intensificano, quindi, gli sforzi da parte della nostra intelligence per il suo rilascio. Come avviene in questi casi la trattativa viene condotta in totale segretezza. Nessun’altra intelligence viene informata, se non quella pakistana con cui Roma collabora da tempo per la liberazione di Giovanni. Neanche gli Stati Uniti, da sempre contrari a qualsiasi tipo di trattativa per il rilascio di prigionieri, che nel frattempo però sono venuti a conoscenza della presenza di alcuni rifugi dei capi di Al Qaeda proprio nella zona dello Shawal;
a gennaio 2015 gli Stati Uniti sferrano cinque attacchi con i droni. In uno di questi verranno uccisi anche il nostro Giovanni Lo Porto e l’americano Warren Weinstein. Secondo fonti della nostra intelligence i corpi dei due ostaggi sono stati seppelliti a Wacha Dara, dove gli americani non si sono mai recati neanche per accertare l’identità delle due vittime.
Si chiede, pertanto, di sapere:
se i ministri in indirizzo, intendano recuperare il corpo del nostro Giovanni Lo Porto, come chiesto dalla famiglia, e quali azioni pensano di intraprendere in tal senso; se siano possesso di maggiori informazioni sulle modalità operative adottate dalle forze americane durante l’attacco in cui è morto il cooperante italiano Giovanni Lo Porto e i motivi del ritardo della trasmissione delle notizie al Governo italiano;
se siano a conoscenza di maggiori informazioni in possesso dei servizi italiani dal rapimento alla morte di Lo Porto, dalla trattativa per la sua liberazione alla morte del cooperante, fino alla comunicazione del Presidente Obama al nostro Paese;
se, al di là delle scuse poste dal presidente Obama al nostro Paese e ai familiari di Giovanni Lo Porto, non ritengano indispensabile rinegoziare con gli alleati ed in particolare con gli Stati Uniti le regole sui sequestri di persona nei teatri di guerra internazionali e sulle relative trattative per una cooperazione tra le varie forze di intelligence.

Ne Parlano