Mercoledì scorso, nell`aula del Senato, intorno a mezzodì, un brivido ha percorso molte auguste schiene. E` stato quando ha fatto irruzione rumorosamente la formula ‘agente provocatore’. Non era la riproposizione, esausta se non folclorica, di un classico della feroce rissosità terzinternazionalista: ‘Taci, nemico del popolo!’, ‘Taci tu, agente provocatore!’. Niente di ciò. Più prosaicamente, l`evocazione di una figura investigativa destinata, nelle intenzioni, a sconfiggere la malapianta della corruzione. E, infatti, presentando questa misura, il proponente (va da sé: un parlamentare dei Cinque Stelle), per renderla più bonaria e appetibile, faceva riferimento ai ‘telefilm americani’. Così che, alle mie spalle, una senatrice – beata innocenza esclamava: ‘Ah, come Starsky & Hutch!’. Altro momento indimenticabile è stato quando il senatore grillino ha spiegato che l`introduzione dell`agente provocatore sarebbe ‘un deterrente potentissimo almeno nel 70 per cento dei casi. Forse non sarà il 70; sarà addirittura il 90 o forse il 50 per cento, non importa’. In questo ‘non importa’ c`è tutto un mondo e una metafisica. E stiamo parlando, sia chiaro, di un parlamentare dotato di una qualche cultura: eppure non gli è sembrato né irresistibilmente comico né drammaticamente sciagurato evocare un effetto di deterrenza, in termini che pretendeva scientifici, misurandolo con quella spirale sgangherata di cifre. L`emendamento è stato bocciato, ma poco prima il governo aveva accolto ‘come raccomandazione’ un altro emendamento trasformato in ordine del giorno, proposto dai grillini, che chiedeva all`esecutivo di estendere le operazioni ‘sotto copertura’ anche alla Pubblica amministrazione, contro i reati di concussione e corruzione. Siamo, palesemente, in una dimensione oscillante tra pochade e incubo, tra Policarpo dei tappeti e Serpico al catasto. Tra Maurizio Merli e Capitano Ultimo. Provate a immaginare gli agenti sotto copertura e tanto più gli agenti provocatori furtivamente infiltrati in un ufficio pubblico, all`interno di una circoscrizione municipale, o nella sede dell`azienda tramviaria. A quarant`anni dall`inizio dell`epopea fantozziana, si aprono scenari sconfinati per la fantasia dei cantori dell`ufficio come universo di senso e dei grandi burocrati come eroi eponimi. Intorno a essi, secondo il M5s, dovrebbero aggirarsi gli agenti provocatori, pronti a tendere tranelli, a istigare al reato, a incitare al malaffare. Ecco, questo è il punto, che rimanda non solo a una controversia giuridica, ma anche a una significativa questione culturale. L`agente provocatore, figura sempre problematica sotto il profilo costituzionale e legale, pur quando utilizzato per indagini straordinarie (narcotraffico, terrorismo, mafie), appare comicamente fuori luogo e fuori misura se applicato all`ambito della Pa. Qui l`agente provocatore può essere previsto solo da chi coltiva una rappresentazione nichilista e catastrofista della società nazionale, frutto di uno sguardo allucinato e torvo. Per capirci, lo stesso sguar- do che suggeriva quel titolo scellerato del Fatto quotidiano (‘Italia a delinquere’) e quella visione cupa delle relazioni sociali, totalmente dominate dal crimine piccolo e grande. Nelle parole dei parlamentari Cinque Stelle c`è sempre l`Italia a delinquere’: una concezione disperata, senza respiro e senza salvezza, dove la macchina criminale viene a tal punto enfatizzata da trasformarsi fatalmente in un blocco della vita sociale che non consente alcuna possibilità di emancipazione. Siamo persino oltre la logora contrapposizione buoni/cattivi: i buoni probabilmente non ci sono più dal momento che quelli che ieri erano esemplarmente buoni ci mettono un attimo a diventare cattivissimi (lo sanno bene quanti dal Movimento Cinque Stelle sono usciti e quanti non ne escono per le medesime ragioni). Ma non si tratta solo di questo: se si considerano i vari linguaggi utilizzati in questa visione paranoide, si scoprirà agevolmente che l`agente provocatore – anche nella sua definizione teorica – è colui che induce in tentazione. Dunque, non colui che scopre il male, bensì colui che incita a commetterlo, contando sulla debolezza della carne del soggetto istigato. Come non vedere che, in un simile contesto, l`attività giudiziaria è destinata ad assumere tonalità e dispositivi propri della macchina dell`Inquisizione? L`agente provocatore – esagero, ma non troppo – è il serpente della Genesi e il Confessore del Sant`Uffizio della Romana e universale Inquisizione.

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