Sentenza suicida, nel linguaggio giudiziario corrente, è quella che, basandosi su motivazioni fragili, contraddittorie e magari incoerenti, si espone alla possibilità che il verdetto di appello ne rovesci inevitabilmente il senso, la riformi radicalmente o la annulli. Sembra essere proprio questo il caso del verdetto del processo di primo grado per la morte di Riccardo Magherini (i13 marzo del 2014), per quella vicenda, nel luglio scorso, tre carabinieri sono stati condannati per omicidio colposo.
A leggere ora le motivazioni di quella condanna si avverte immediatamente come da 11 a una successiva possibile assoluzione il passo sia breve, molto breve. E fin dai primi passaggi, quando il giudice ritiene imprescindibile valutare, e dedicare uno spazio singolarmente ampio, alla «condizione di consumatore di sostanza stupefacente» di Magherini, per riuscire a ricostruire la vicenda della sua morte. Circa dieci pagine vengono dedicate a scandagliare le sue abitudini di consumo, e numerosi passaggi insistono su quanto, la condotta di assuntore di cocaina, sia stata la causa principale del decesso. In questi ci siamo dovuti abituare a leggere e ascoltare, attraverso le parole di pubblici ministeri e giudici, ogni tipo di offesa postuma nei confronti di persone decedute a seguito di abusi da parte di forze di polizia. Quasi che il comportamento moralmente non irreprensibile della vittime o l`eventuale curriculum penale potesse se non giustificare, attenuare le responsabilità di chi ha usato contro di loro violenza, fino a ucciderle.
Ma ancora non ci era capitato di trovare in una sentenza tanto accanimento nei confronti delle tesi sostenute dalle parti civili. Parti civili che avrebbero aprioristicamente condannato «l`operato dei militari» svalutando le condizioni in cui versava Magherini e la condotta da lui tenuta, per non parlare del comportamento di «enti e associazioni» che hanno «immediatamente e duramente esercitato» una «stigmatizzazione» nei confronti dei militari. Dunque, oltre che per sua stessa colpa, di che cosa è morto Riccardo Magherini? I consulenti del pubblico ministero incaricati dell`autopsia affermano che dai dati tossicologici emerge una situazione di uso ricreazionale di cocaina in soggetto assuntore abituale, ma non si è trovato riscontro all`ipotesi che Magherini fosse «pesantemente» sotto l`effetto della cocaina e, in ogni caso, la «morte per sovradosaggio di cocaina è un`evenienza abbastanza rara». Il giudice, tuttavia, non trova soddisfacenti questa e altre spiegazioni dei consulenti del pm, e cerca in tutti i modi di far apparire irrilevante lo stress generato dal prolungato contenimento di Magherini a opera dei carabinieri, così come l`asfissia da compressione toracica provocata dall`ammanettamento a terra. Ripetutamente viene ribadita la legittimità dell`intervento dei carabinieri perché Magherini era «seriamente pericoloso»: tanto pericoloso, vorremmo ricordare, da essersi inginocchiato davanti ai militari chiedendo aiuto prima di essere rovesciato a terra. E ancora secondo il giudice non si può sostenere che «gli imputati dovessero fare appello alla propria – eventuale scienza e coscienza personale». Fossimo al posto dei carabinieri, ci sentiremmo particolarmente turbati dalle parole del giudice, il quale trova inammissibile che «personale militarmente organizzato possa disattendere ordini superiori» dopo aver valutato il caso concreto. Caso concreto che era, tra l`altro, minuziosamente disciplinato da una illuminata circolare prodotta dal Comando generale dei Carabinieri, in cui venivano descritte, con tanto di disegni, le azioni da evitare in un intervento con persone in stato di agitazione psicofisica. L`iniziativa dei militari nei confronti di Riccardo Magherini si è rivelata l`esempio perfetto di «cosa non fare» e la circolare, entrata in vigore un mese prima della sua morte, è stata abrogata due anni dopo, prima del pronunciamento della sentenza. Pur se non si conoscono i motivi della revoca di quella circolare da parte del Comando generale dell`Arma, il giudice pare avere informazioni molto aggiornate in proposito. Dispiace, quindi, che abbia riportato in sentenza solo le proprie valutazioni, senza specificare se siano opinioni personali o se corrispondano al giudizio formulato delle alte gerarchie dei Carabinieri. In ogni caso, queste motivazioni lasciano la sensazione che si tratti di una lunga lettera di giustificazioni del giudice per essersi trovato nella condizione di dover condannare i tre carabinieri.
L`ossessiva ripetizione della frase «nessuno era sulla schiena né premeva né comprimeva la schiena, o comunque il torace» di Magherini – si conta 15 volte su 20 pagine – è la sintesi della teoria del giudice, contraddetta tra l`altro da alcuni passaggi in cui lo stesso riporta le testimonianze di chi ha visto un carabiniere appoggiare «un ginocchio all`altezza delle scapole» di Magherini. L`ipotesi sostenuta dal giudice è che i carabinieri siano responsabili «solo» di avere mantenuto Magherini in quella posizione troppo a lungo, negando la compressione e collocando il nesso causale in un enigmatico gioco fra asfissia da compressione e da posizione, senza ben delinearne i contorni e comunque premurandosi di definire minimo il contributo causale che l`operato dei carabinieri avrebbe avuto nella morte di Magherini.
Davvero non si capisce cosa si voglia intendere con questa ricostruzione, ciò che invece si intende benissimo è il fastidio che il giudice ha provato nei confronti degli avvocati di parte civile, in particolare l`avvocato Fabio Anselmo, accusati di aver alimentato «aspettative eccessive» nei familiari di Magherini e «tensioni del tutto inopportune nei confronti della forze dell`ordine». Cambiano i tribunali e cambiano le decisioni tra condanne e assoluzioni, ma quello che sembra sempre emergere irresistibilmente è la tendenza a considerare come nemico chi si ostina a pretendere verità per una morte insensata.


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