Giovanardi somiglia tanto ai Circoncellioni dell’Africa settentrionale (ma in burnout)
Giovanardi somiglia tanto ai Circoncellioni dell`Africa settentrionale (ma in burnout) B isogna comprenderlo. Carlo Giovanardí è un uomo provato e sotto stress, desolatamente solo, visibilmente infelice e affetto da una bizzarra ossessione nei miei confronti (sono vanitoso, ma mi si fa troppo onore). Spero che possa incontrare presto un anziano prevosto, una sollecita perpetua, un antico compagno dí giochi o un ex parlamentare facondo che gli tenga compagnia e gli voglia un po` di bene (vi garantisco: lo merita). In queste ore, la sua frustrazione è acuita dallo stato di isolamento in cui si è trovato dopo aver entusiasticamente approvato gli osceni applausi tributati dal congresso del Sap ai poliziotti responsabili della morte di Federico Aldrovandi. Francamente: se ti molla anche il presidente del tuo partito (e ministro dell`Interno), il capo della polizia e buona parte degli stessi sindacati della pubblica sicurezza, la sola compagnia dì Mario Borghezio può risultare certo spassosa, ma non abbastanza gratificante. Al di là di questo, è ormai evidente che esiste un vero e proprio ‘caso Giovanardi’.
Decifrarlo non è semplicissimo, ma può aiutare la lettura di un buon manuale di psicologia sociale. Vi si troverà descritta la ‘sindrome di dipendenza secondaria’ o ‘laterale’ (o, per alcuni studiosi australiani, ‘sublimata’). E` una delle manifestazioni collaterali, meno conosciuta e meno indagata, di quella condizione ben nota che è il burnout: ovvero l`esito patologico di uno stato di stress che può colpire gli operatori che svolgono attività di cura o di aiuto.
Qui interessa, esclusivamente, quella sindrome di dipendenza secondaria che della condizione di burnout costituisce un`ulteriore variabile: e che affligge coloro che, senza svolgere direttamente un lavoro a contatto – per esempio – con i tossicomani, possono risultare condizionati ossessivamente dalla questione-droga, dal discorso intorno a essa, dall`introiezione nella sfera mentale e psicologica dei suoi effetti. Così che anche,quaciti non fanno personalmente uso di ;sostanze stupefacenti (com`è il caso- di Giovanardi, ci giurerei) possono risultare ‘dipendenti’ da quelle stesse sostanze. E` quanto suggerisce l`atteggiamento complessivo del senatore del Nuovo centrodestra, sia quando tratta il tema delle droghe, sia quando affronta altre questioni che, comunque, sempre lì sembrano destinate a precipitare. Insomma, Giovanardi è quello che ‘Federico Aldrovandi è morto di infarto’. Questa sua postura di torva intolleranza è confermata, sul piano storico-teologico, dall`impressionante somiglianza con i Circoncellioni dell`Africa settentrionale. Ovvero una comunità di seguaci dell`eresia donatista (da Donato delle Capanne Nere) che, intorno al Trecento dopo Cristo, mossi da un intransigentismo furioso e feroce, si diedero alla lotta violenta contro le altre comunità cristiane, sospettate a loro volta di eresia. I Circoncellioni non usavano le lame (memori dell`invito evangelico a ‘riporre la spada nel fodero’), ma armi improprie altrettanto letali, e ne combinavano di tutti i colori. A opporsi loro fu in particolare sant`Agostino, proprio in ragione del fatto che l`eresia donatista negasse la sublime virtù cristiana della misericordia (ancora Giovanardi su Stefano Cucchi: ‘Tossicodipendente anoressico epilettico larva zombie’).
Giovanardi, quando nel concionare si trova in debito di ossigeno e di sintassi, mi rimprovera di essere stato ‘capo del servizio d`ordine di Lotta continua’. Brillantissimo argomento, come ognuno può vedere: anche se il fatto risale a quarantadue anni fa e ha perso – se così si può dire – la fragranza dell`attualità. Sarebbe come se, per contestare il bel saggio di Giuliano Ferrara su Papa Francesco, si ricorresse a quel famoso episodio dei ‘bastoni contro l`estremismo di sinistra’, risalente alla Torino della metà degli anni Settanta. In margine si può notare che quello di Giovanardi è il medesimo argomento utilizzato contro di me, con solerzia biliosa, da Marco Travaglio. Non stupisce. Non a caso Daniela Santanchè ha affermato che ‘a parte l`odio per Berlusconi, Travaglio è uno di noi: culturalmente e intellettualmente è uno dei nostri’. Come direbbe lo stesso Travaglio, il cerchio si chiude. Ps. In ogni caso, se può interessare, sono disposto in qualsiasi momento a sottopormi, contemporaneamente a Giovanardi, a un approfondito controllo antidoping: analisi del capello compresa.

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