E’ arrivato il momento di una piena svolta garantista del PD. La invoca con chiarezza il senatore dem, Andrea Marcucci, nel suo colloqui con il Tempo. Lo spartiacque è il referendum sulla giustizia. Qualche giorno fa, Marcucci aveva aperto la questione con un post sui social. Ora rilancia “non potremmo dire di no a prescindere” alla consultazione.

 Lei ha sostenuto che il Pd sui referendum per la giustizia, deve «essere coerente con la propria matrice garantista». Cosa intendeva, in concreto?

«Abbiamo un dovere di serietà e di approfondimento, oltre che di coinvolgimento. Io ho detto anche che non potremo dire no a prescindere come altri hanno fatto. Sui quesiti ammessi al referendum, vedo che la riforma del Csm è la più vicina a un traguardo parlamentare nella direzione peraltro auspicata dai promotori».

Ma non si rischia di aprire una breccia nel partito? In fondo, c`è pur sempre un`anima post diessina che non ha il garantismo nel dna.

«È il rischio che corre sempre un grande partito con anime diverse che non ha intenzione di fame prevalere una sull`altra. Per questo abbiamo un obbligo in più rispetto agli altri. Lei fa riferimento alla parte ex pidiessina, c`è anche una larga componente popolare e liberale, con una forte matrice garantista, anche nella lettura dei fatti degli ultimi anni del `900. Comunque anche in molti tra coloro che vengono dal Pds, si può dire che abbiano superato la sbornia giustizialista e stanno riavvicinandosi al garantismo, che diciamolo, è connaturato alla nostra storia».

Altra questione, il contenuto dei quesiti. Uno di essi smonta, di fatto,
la legge Severino. Un eventuale vostro appoggio alla consultazione non complicherebbe i rapporti con il M5S?

«Come sa, la giustizia è uno dei crinali più scivolosi nel rapporto con il M5S. Con posizioni forcaiole, per me qualsiasi alleanza è a rischio. Nel confronto interno che vive il movimento di Grillo, ricordo una riflessione di Luigi Di Maio sul caso dell`ex sindaco di Lodi Uggetti, molto promettente. Credo che il M5S debba ripartire da quelle parole. D`altra parte mi è difficile dare una patente garantista a Salvini. Io ho conosciuto la Lega quando sui banchi di Montecitorio esibivano i cappi. Non credo siano molto cambiati da allora. Per tornare alla sua domanda, ricordo anche che allora la legge Severino fu approvata da tutti».

In generale, quindi, condivide il fatto che le norme oggetto del percorso legislativo governo-Parlamento, dall`intervento sulla durata dei processi alla riforma del Csm sono di fatto insufficienti per un vero cambio di sistema nella giustizia?

«Io vedo uno sforzo straordinario della ministra Cartabia ad affrontare una situazione drammatica come quella che vive il comparto della giustizia con risolutezza straordinaria. Bisogna dare tempo al tempo ma certamente c`è da affrontare e risolvere il nodo del cortocircuito tra Procure e media, che tanti guasti al sistema sta continuando a creare, come abbiamo visto anche nei giorni scorsi per i casi giudiziari che hanno interessato il leader di Italia Viva».

In ogni caso, quanto secondo lei questo referendum può complicare i rapporti interni alla maggioranza?

«Io dico per niente. Intanto perché ora vedremo cosa riuscirà a fare il Parlamento, le ho detto che sulla riforma del Csm siamo a buon punto, se poi l`Aula non dovesse farcela, ci rimetteremo tranquillamente al responso dei cittadini. Le eventuali divisioni nella maggioranza non riguarderebbero il governo».

C`è un tema, però, che sovrintende alla portata democratica del referendum, ed è quello del rischio-quorum. Pare che il Viminale sia orientato a non accorpare l`appuntamento con le amministrative in un election day. Secondo lei è opportuno?

«Io credo che non si debba mai far ricorso, anche surrettiziamente, alla scarsa partecipazione degli elettori. Soprattutto in una stagione in cui la sfiducia corre forte».

Uno sguardo al quadro politico generale. Lei ha apprezzato l`apertura di Enrico Letta all`alleanza con Azione di Calenda. Quest`ultimo, però, di fatto ha detto: «O me o il M5S». Il Pd è a un bivio?

«Ci sono due ipotesi diverse tra loro. Se tra un anno voteremo con il proporzionale, ognuno lavorerà sulla sua identità. Un`altra è se invece affronteremo le urne con il Rosatellum, dove qualsiasi alleanza purtroppo sarà soprattutto un cartello elettorale. Io la penso come il ministro Brunetta: dobbiamo rafforzare il metodo e l`agenda Draghi anche dopo il `23. L`agenda Draghi-Mattarella sostenuta da vari riformismi è il nostro anti Gattopardo. E comunque mi faccia dire che quando ho cominciato a dire Draghi anche dopo il `23, mi guardavano come uno strano, ora lo dicono in molti. Il riformismo è il nostro orizzonte naturale».


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