‘Queste rivelazioni ci vogliono indirizzare su una pista ben precisa. Ci vuole responsabilità istituzionale e molta prudenza’
«Ho l`impressione che questa sia una polpetta che viene data in pasto in un momento particolare. Ce ne saranno anche altre». Miguel Gotor, oggi senatore, è uno degli storici che più ha indagato sul rapimento Moro. In parlamento ha firmato per l`istituzione della Commissione d`inchiesta sugli anni di piombo.
Perché parla di polpetta? E data in pasto a chi?
«Perché in questo caso colpisce il rapporto che c`è tra questa ultima rivelazione e la nascente Commissione Moro. Soltanto qualche giorno fa, all`inizio di questa settimana, la Camera dei Deputati ha approvato la sua istituzione, ora all`esame del Senato, e ho l`impressione che possa esserci un rapporto…»
Che tipo di rapporto?
«Questo tipo di rivelazioni, a distanza di anni, possono avere un valore orientante e depistante al tempo stesso: informare per disinformare. E di questo, naturalmente, bisogna tenerne conto. Qualche mese fa qualcosa di analogo è avvenuto con delle presunte fonti citate nel libro dell`ex magistrato Imposimato. Che poi, come a una prima lettura critica del testo si poteva capire, si sono rivelate infondate. Non bisogna avere pregiudizi ma anche sapere che esiste questa possibilità. Il caso Moro è una galassia e da questa galassia possono partire dei razzi depistanti che alzano spesse cortine fumogene e che possono contare su un`ampia disponibilità dell`opinione pubblica».
Cosa si può leggere in questa ultima rivelazione?
 «Proviamo ad analizzare che cosa viene detto: abbiamo un ex ispettore di polizia il quale dichiara di aver ricevuto una lettera anonima, indirizzata a un quotidiano. Di questa lettera anonima la prima cosa che colpisce sono gli interpreti principali: i due uomini a bordo della Honda in via Fani. Entrambi sono infatti morti».
E poi?
 «È interessante che la tardiva affermazione di questo ispettore Rossi inviti a concentrare l`azione della Commissione sullo scenario del 16 marzo e sulla presenza di questa moto Honda».
Perché è interessante?
 «Perché tutti i brigatisti, in particolare Valerio Morucci ma anche Mario Moretti, hanno sempre negato la presenza del mezzo con un vero e proprio atteggiamento negazionista. Invece quella Honda, guidata da due persone non identificate, era presente sullo scenario di via Fani. Questo fatto è stato accertato».
C`è un testimone…
 «…È l`ingegner Marini che fu colpito da una sventagliata di mitra e il suo parabrezza fu distrutto. E sono agli atti dei processi le minacce telefoniche che ricevette».
 Anche la sera stessa…
«Ma non solo. Anche mesi dopo. Per esempio, io ne ricordo una a memoria: una chiamata durante la partita dei mondiale del 78, Italia-Francia quindi a giugno. C`è la sua testimonianza».
Quindi, Rossi ci invita a concentrarci sugli uomini a bordo della Honda. Ma chi erano?
 «Si è sempre pensato che queste due uomini potessero appartenere a delle schegge del ‘partito armato’ non controllato dalle Br, uomini che avrebbero voluto partecipare anche loro all`assalto di via Fani».
Invece l`ispettore ci dice altro….
 «Ci suggerisce di rivolgere lo sguardo altrove, di concentrarci su presunti agenti dei servizi segreti, oggi defunti, guidati dal colonnello Camillo Guglielmi. Così facendo però distoglie l`attenzione dalla galassia del ‘partito armato’».
Guglielmi che era presente in via Fani…
«Era lì una ventina di minuti dopo la strage»
Come giustificò la sua presenza?
«Diede una spiegazione così poco plausibile da apparire provocatoria. Disse che si trovava lì per un appuntamento che aveva a pranzo, quindi alcune ore dopo».
Anche Rossi cita Guglielmi…
«Ma le dichiarazioni del colonnello fatte alla magistratura sono pubbliche. È verosimile che Guglielmi sia subito accorso sullo scenario del delitto in virtù delle sue responsabilità in senso al Sismi, che pero` non era opportuno rivelare pubblicamente».
Come si fa a setacciare il falso dal vero?
«Esercitando spirito critico. Quanti saranno scelti per fare i membri della commissione Moro dovranno avere responsabilità istituzionale e una doverosa prudenza per evitare di trangugiare queste polpette e fare poi delle brutte figure. Naturalmente, in presenza di nuovi e più probanti elementi, sono disposto a cambiare idea. Anche il recente episodio di Imposimato su via Montalcini e dei due presunti gladiatori sta lì a dimostrarlo».
Che significò il caso Moro per il nostro Paese?
«Segnò una frattura, una cesura tra un`Italia e un`altra. Tra un Paese che ha vissuto, da dopo la guerra fino al `78, un trentennio di crescita e sviluppo, con l`incontro tra forze popolari mediato dai partiti, e un`Italia in affanno, in difficoltà. Comunque sia credo che l`operazione Moro sia stata un`operazione chirurgica che costituisce un`anomalia rispetto alla storia della lotta armata in Italia».
In che modo?
 «Perché deve essere letta dentro il nesso tra una dimensione originale, nazionale, autonoma, autoctona del nostro brigatismo e una internazionale. In questo legame sta la originalità di questa vicenda che costituisce per questo Paese un trauma mai assorbito, perché interroga il nodo della nostra sovranità».