Se i servizi segreti italiani praticassero un’intelligente politica archivistica, gli storici smetterebbero di utilizzare solo documenti acquisiti ‘a forza’ dai magistrati
Miguel Gotor è senatore del Pd ed è l`autore di alcuni importanti saggi riguardanti il terrorismo che negli anni Settanta ha insanguinato il paese. E’ un politico con alle spalle una brillante carriera di studioso: ha frequentato gli archivi e ora frequenta i palazzi della politica, quindi conosce sia il valore e la difficoltà di fare ricerca sia le problematiche relative alla apertura degli archivi. È tra i firmatari di un disegno di legge per l`istituzione di una Commissione d`inchiesta bicamerale sul caso Moro.
 Senatore, come procede l`iter per l`istituzione della Commissione d`inchiesta?
«È legge dello Stato e bisogna soltanto cominciare a lavorare. Si sta procedendo più lentamente del previsto, ma spero che si possa superare presto questa fase di stallo.
 Lei affermò «Restituiamo credibilità alle istituzioni». Aprire gli archivi significa restituire credibilità alle istituzioni?
«Penso di si. Bisogna fornire gli strumenti agli studiosi per fare al meglio il loro lavoro e ai cittadini la possibilità di informarsi e farsi un libero convincimento. Si tratta di una grande ‘questione democratica’ troppo spesso trascurata».
 La disponibilità da parte del Churchill Archives Center di Cambridge di rendere disponibili a tutti le carte vergate dell`ex archivista del Kgb Vasiliy Mitrokhin non impone alcune riflessioni anche qui in Italia?
«Si certo. Sarà molto utile confrontare gli originali dei documenti con la versione pubblicata negli anni `90 del dossier Impedian. Sarebbe bene che questo lavoro venisse fatto seriamente e liberi dalla volontà di strumentalizzarlo politicamente».
 Chi, secondo lei, ha interesse affinché in Italia gli archivi rimangono scarsamente accessibili?
«C`è un enorme problema di finanziamenti che mancano e di personale sempre più esiguo e avanti con gli anni. C`è poi la tendenza da parte di alcune amministrazioni a produrre un ‘casino organizzato’, che è molto più efficace di un`esplicita volontà censoria».
Cui prodest?
«A nessuno in particolare. Ci perde il Paese in serietà e le istituzioni in credibilità. Ad esempio, se i servizi segreti italiani decidessero di praticare un`intelligente politica archivistica, gli storici smetterebbero di essere costretti a utilizzare solo i documenti acquisiti ‘a forza’ dalla magistratura, che inevitabilmente riguardano capi di imputazione, reati o addirittura deviazioni e contribuiscono così a forgiare presso l`opinione pubblica soltanto un`immagine negativa del loro operato. Un`immagine che non corrisponde alla serietà istituzionale e alla professionalità con cui prevalentemente svolgono il loro lavoro».