Miguel Gotor, storico, vicino a Bersaní, è senatore del Pd e uno degli esponenti della minoranza Area riformista.
 Con gli emendamenti alla riforma del Senato volete mettere i bastoni tra le ruote a Renzi?
«No. L`obiettivo è una riforma utile alla nostra architettura istituzionale. Sosteniamo con lealtà i quattro `paletti` posti dal governo sul nuovo Senato e approvati da tutto il partito, a partire dall`idea di un Senato non elettivo. I nostri emendamenti puntano a migliorare la riforma».
Come?
«Ad esempio, l`emendamento a firma Lo Moro sulla diminuzione del numero dei deputati da 630 a 500, risponde a tre esigenze. Primo, a garantire una maggiore funzionalità di quella che sarà la sola Camera politica; secondo, a ridurre la sproporzione tra 630 deputati e 100 senatori che, tranne in Germania, con però 80 milioni di abitanti, non esiste in nessun altro Paese Ue».
Terzo?
«Terzo, e più importante motivo, può attenuare il rischio che un solo partito elegga da solo tutti gli organi di garanzia costituzionale, a partire dal Capo dello Stato».
 Come sarebbe possibile?
 «Basta far di conto, Nella proposta del governo, 630 deputati e 100 senatori eleggerebbero il nuovo Capo dello Stato. Su un totale di 730 grandi elettori sarebbe facile, per il partito che prende il premio di maggioranza alla Camera con l`Italicum, che regala 340 deputati, eleggere da solo il Presidente: basterebbe il voto di solo 33 senatori».
Uno scenario estremo…
«Assolutamente. Inoltre, si potrebbe creare una situazione simile all`attuale `modello russo`, con un candidato premier che vince le elezioni e subito dopo si fa elegger Capo dello Stato dai parlamentari che ha nominato con l`Italicum, mettendo alla guida del governo un docile delfino. Uno scenario da democrazia plebiscitaria che è necessario evitare».