Lo studioso venne assassinato dalle Br per le sue idee riformiste
Un viaggio alla ricerca del padre perduto, quel padre dolce che «riuscì a insegnarmi a nuotare sgonfiandomi i braccioli piano piano, senza che io mi accorgessi di quanto stavo imparando». Con quest`immagine Luca Tarantelli ricorda il padre Ezio, ucciso dalle Brigate Rosse il 27 marzo 1985, quando lui aveva soltanto 13
armi. Un trauma che ha segnato la sua vita e quella della madre Carole, il punto di non ritorno da cui ha inizio il volume Il sogno che uccise mio padre. Storia di Ezio Tarantelli che voleva lavoro per tutti (Rizzoli, pagg.
279, euro 18).
Il libro è interessante per almeno due ragioni. Anzitutto perché documenta con l`intensità di un memoir
una delle possibili funzioni della scrittura, ossia il valore terapeutico di saturare le ferite interìori,
di recuperare un dialogo con l`assenza a partire dalla ricostruzione di una corporeità negata («per anni ho avuto addirittura difficoltà a ricordare il suo volto»), di affrontare la lunga elaborazione di un lutto: «Capire chi era mio padre, per capire cosa ne era del mio dolore, e quindi per capire chi sono io», con la speranza che alla
fine di questo viaggio «potrò riprendere davvero in mano la mia vita». La ricerca si snoda intrecciando
i fili della memoria pubblica con quella privata: la storia della famiglia Tarantelli, il romanzo di formazione di Ezio tra viaggi di piacere e di studio in Inghilterra e negli Stati Uniti, l`incontro americano con Carole, l`autobiografia del figlio Luca, primae dopo la cesura tragica.
La seconda ragione di interesse del volume riguarda la ricostruzione del pensiero economico di Tarantelli, brillante studioso formatosi alla scuola della Banca d`Italia, in un ambiente che è stato una delle poche fucìne di formazione delle classe dirigenti italiane di livello internazionale. Egli ha dedicato la suavìta acomprendere
il funzionamento del mercato del lavoro e si è impegnato sul tema centrale della disoccupazione.
Per combatterla bisognava rivedere il meccanismo allora ín voga della scala mobile che costituiva
un ostacolo alla crescita economica e favoriva il dilagare dell`inflazione. Tarantelli riteneva che l` inflazione andasse predeterminata, ossia collegata ai suoi sviluppi futuri così da costruire un meccanismo, gestito dalle organizzazioni sindacali, in cui i lavoratori offrivano la propria moderazione salariale e la diminuzione
della conflittualità nelle fabbriche, ma in cambio sarebbero diventati determinanti nel gestire la politica economica del Paese al fine di «massimizzare la velocità di trasformazione delle istituzioni».
Il nucleo teorico della proposta di Tarantelli ispirò il decreto di San Valentino del 14 febbraio 1984
che, con l`opposizione dell`area comunista della Cgil e del Pci, vide il taglio di 4 punti della scala mobile.
Tarantelli smentì di essere il padre del decreto che considerò «una vittoria tecnica e una sconfitta
politica», ma dalle pagine di questo giornale, di cui fu collaboratore, rimproverò a una parte importante
della sinistra di avere combattuto il principio di predeterminazione senza avere saputo proporre soluzioni alternative credibili.
Questa sottolineatura del nucleo ideale del pensiero di Tarantelli è significativa perché egli è stato ucciso in ragione delle sue idee, per colpire sul nascere la sua propostaanticipatrice di affrontare il nodo delle relazioniindustriali attraverso una politica di concertazione, come sarebbe avvenuto negli anni Novanta. Tarantelli è uno degli esponenti della cultura riformista italiana la cui funzione storica, penso anche a
quella di Roberto Ruffilli, è stata di contribuire a sbloccare un sistema politico tendente all`inerzia
sul piano economico e istituzionale. Ha ricercato una civiltà possibile con l`obiettivo di offrire soluzioni
efficaci e proprio per questo è stato ucciso. È necessario ricordarne il sacrificio perché provare
a insegnare a nuotare a un Paese intero sgonfiando i braccioli dell`ideologia e quelli delconservatorismo
è un compito che non ha perso di utilità e di urgenza.
armi. Un trauma che ha segnato la sua vita e quella della madre Carole, il punto di non ritorno da cui ha inizio il volume Il sogno che uccise mio padre. Storia di Ezio Tarantelli che voleva lavoro per tutti (Rizzoli, pagg.
279, euro 18).
Il libro è interessante per almeno due ragioni. Anzitutto perché documenta con l`intensità di un memoir
una delle possibili funzioni della scrittura, ossia il valore terapeutico di saturare le ferite interìori,
di recuperare un dialogo con l`assenza a partire dalla ricostruzione di una corporeità negata («per anni ho avuto addirittura difficoltà a ricordare il suo volto»), di affrontare la lunga elaborazione di un lutto: «Capire chi era mio padre, per capire cosa ne era del mio dolore, e quindi per capire chi sono io», con la speranza che alla
fine di questo viaggio «potrò riprendere davvero in mano la mia vita». La ricerca si snoda intrecciando
i fili della memoria pubblica con quella privata: la storia della famiglia Tarantelli, il romanzo di formazione di Ezio tra viaggi di piacere e di studio in Inghilterra e negli Stati Uniti, l`incontro americano con Carole, l`autobiografia del figlio Luca, primae dopo la cesura tragica.
La seconda ragione di interesse del volume riguarda la ricostruzione del pensiero economico di Tarantelli, brillante studioso formatosi alla scuola della Banca d`Italia, in un ambiente che è stato una delle poche fucìne di formazione delle classe dirigenti italiane di livello internazionale. Egli ha dedicato la suavìta acomprendere
il funzionamento del mercato del lavoro e si è impegnato sul tema centrale della disoccupazione.
Per combatterla bisognava rivedere il meccanismo allora ín voga della scala mobile che costituiva
un ostacolo alla crescita economica e favoriva il dilagare dell`inflazione. Tarantelli riteneva che l` inflazione andasse predeterminata, ossia collegata ai suoi sviluppi futuri così da costruire un meccanismo, gestito dalle organizzazioni sindacali, in cui i lavoratori offrivano la propria moderazione salariale e la diminuzione
della conflittualità nelle fabbriche, ma in cambio sarebbero diventati determinanti nel gestire la politica economica del Paese al fine di «massimizzare la velocità di trasformazione delle istituzioni».
Il nucleo teorico della proposta di Tarantelli ispirò il decreto di San Valentino del 14 febbraio 1984
che, con l`opposizione dell`area comunista della Cgil e del Pci, vide il taglio di 4 punti della scala mobile.
Tarantelli smentì di essere il padre del decreto che considerò «una vittoria tecnica e una sconfitta
politica», ma dalle pagine di questo giornale, di cui fu collaboratore, rimproverò a una parte importante
della sinistra di avere combattuto il principio di predeterminazione senza avere saputo proporre soluzioni alternative credibili.
Questa sottolineatura del nucleo ideale del pensiero di Tarantelli è significativa perché egli è stato ucciso in ragione delle sue idee, per colpire sul nascere la sua propostaanticipatrice di affrontare il nodo delle relazioniindustriali attraverso una politica di concertazione, come sarebbe avvenuto negli anni Novanta. Tarantelli è uno degli esponenti della cultura riformista italiana la cui funzione storica, penso anche a
quella di Roberto Ruffilli, è stata di contribuire a sbloccare un sistema politico tendente all`inerzia
sul piano economico e istituzionale. Ha ricercato una civiltà possibile con l`obiettivo di offrire soluzioni
efficaci e proprio per questo è stato ucciso. È necessario ricordarne il sacrificio perché provare
a insegnare a nuotare a un Paese intero sgonfiando i braccioli dell`ideologia e quelli delconservatorismo
è un compito che non ha perso di utilità e di urgenza.