Professor Pietro Ichino, il governo  è al lavoro su una stretta molto forte contro i dipendenti assenteisti.
In caso di flagranza saranno licenziatili in 48 ore. Perché la considera, come ha detto, una “norma spot”? Ci sono migliaia di casi “congelati”: non crede che potrebbe avere un impatto non enorme ma reale sul sistema di pubblico impiego?
«Anche le norme come questa possono, certo, servire per superare una emergenza. È importante, però, mettere a fuoco e risolvere il problema di una dirigenza pubblica che non esercita le proprie prerogative manageriali, abdica in favore del potere giudiziario. Le sembra normale che il Sindaco di Sanremo debba rivolgersi alla polizia per stanare gli assenteisti negli uffici del Comune?».
Lei raccomanda di esentare i dirigenti dalla responsabilità per danno erariale nel caso dì annullamento del licenziamento da parte del giudice. Dunque una norma che faciliti il loro compito è necessaria? Questa può esserlo?
«Sì, è necessario eliminare questo ostacolo peculiare del settore pubblico all`esercizio del potere disciplinare.Ma ancora più importante è responsabilizzare i dirigenti su obiettivi precisi, specifici e misurabili, attinenti sia all`efficienza dell`ufficio, quindi anche al tasso di assenze, sia all`efficacia del servizio reso alla cittadinanza».
D`accordo. Ma è possibile che tutta la responsabilità gravi sui dirigenti?
«I dirigenti sono pagati molto di più degli impiegati proprio perché esposti al rischio della rimozione per il fatto oggettivo del mancato raggiungimento degli obiettivi. Se questa responsabilità non viene attivata, la differenza di stipendio nonsí giustifica».
Oltre alle norme di cui si sta parlando, che cosa dovrebbe fare il governo, secondo lei?
«Nel settore privato il tasso delle assenze dei dipendenti si colloca mediamente tra il 4 e il 5%. Nel settore pubblico italiano tra il 12 e i115%. Ai dirigenti pubblici sí deve imporre, tra gli altri, l`obbiettivo di ridurre il tasso delle assenze al livello del settore privato. Per questo è importante colpire i truffatori, ma occorre anche e soprattutto motivare meglio tutti gli altri. Il discorso col dirigente dovrebbe essere: trova tu il modo migliore; ma se entro un anno non hai dimezzato il tasso di “àssenze, vieni rimosso. Questo è previsto all artico o e esto Unico:
non occorrono nuove norme».
Non crede che buona parte della colpa ricada sulla tortuosità del nostro sistema giustizia e sulla lentezza dei tribunali?
«Anche questo è un problema da affrontare. Ma stiamo attenti a non cadere nel “benaltrismo”. Le inefficienze
delle amministrazioni dipendono solo marginalmente da questo».
Quale rischio teme nel progetto di decreto del governo?
«Mi chiedo soltanto perché non applicare semplicemente l`articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori, che prevede
la contestazione della mancanza, se necessario con l`immediata sospensione cautelare; poi cinque giorni per le
giustificazioni dell`incolpato, e poi l`irrogazione del provvedimento. Nel settore privato funziona benissimo: perché non applicarlo anche nel pubblico? C`è davvero bisogno di una norma diversa, o piuttosto chiedersi perché quella esistente non viene applicata?».
C`è chi vede il pericolo di abusi, clientelismi, personalismi, o vendette dei dirigenti ai danni dei dipendenti. È realistico?
«Per impedire questo ríschío dovremmo prendere esempio dall`esperienza dei Paesi anglosassoni, dove il capoufficio ha solo il ruolo dell`accusatore, ma la decisione del licenziamento disciplinare può essere presa soltanto da un collegio di tre dirigenti “terzi”. Questa è una garanzia più che sufficiente. Per il resto, in quei Paesi la disciplina della materia è identica nel settore pubblico `e nel privato».
Più in generale, cosa vede di buono in arrivo nei decreti attuativi della riforma Madia?
«Un impiego pubblico emancipato dal vetusto regime dellajobproperty e dalle posizioni di rendita, quindi al servizio dei cittadini più che di se stesso. La contendibilità, soprattutto, dei ruoli dirigenziali, in questo settore è un fattore decisivo non solo di efficienza ma anche di giustizia sociale».


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