IN ITALIA IL RICORSO A MEDICINALI CANNABINOIDI È LEGITTIMO ORMAI DAL 2007, DA QUANDO IL MINISTRO DELLA SALUTE LIVIA TURCO HA RICONOSCIUTO CON UN DECRETO LA LICEITÀ DELL’UTILIZZO TERAPEUTICO DEL THC (IL PIÙ IMPORTANTE PRINCIPIO ATTIVO DELLA CANNABIS). Ma, lungo tutti questi anni, la possibilità per i pazienti di accedervi è rimasta pressoché nulla. Dunque, è più che mai opportuno che il ministro Beatrice Lorenzin, («in Italia la cannabis è già utilizzabile, al pari degli oppiacei, per motivi farmacologici e terapeutici») possa leggere le testimonianze dei pazienti riportate in questo dossier proprio a proposito della disponibilità effettiva di quei farmaci cannabinoidi. Questo al fine di misurare, attraverso la viva voce dei malati e il racconto delle loro sofferenze, quanto sia ampia la distanza – quasi un baratro – tra ciò che la norma consente e ciò che la sordità delle istituzioni, la macchinosità delle procedure e l’insensatezza dei vincoli determinano.
 Ricordo che a oggi nove regioni hanno approvato specifiche normative sulla questione: Toscana, Liguria, Marche, Friuli Venezia Giulia, Puglia, Veneto, Abruzzo, Sicilia, Umbria. Si tratta di normative che presentano alcune disomogeneità tra loro, che sarebbe opportuno armonizzare: e questo potrebbe contribuire, forse, a una loro più rapida attuazione. Al presente la procedura per ottenere i farmaci in questione è macchinosa e lenta e prevede una lunga sequenza di passaggi: medico curante, azienda sanitaria, Ministero della Salute, mercato estero, importazione, farmacia ospedaliera. Come si vede, una sequenza lenta e farraginosa, il cui esito è – e non potrebbe essere altrimenti -una sostanziale impossibilità di ricorrere al farmaco tempestivamente e costantemente.
Accade così che i tempi della richiesta superino abitualmente i trenta giorni previsti e che, in alcuni casi, si dilatino fino a richiedere un intero anno di attesa. Non solo, il trattamento è sottoposto a vincoli temporali rigidi e prevede periodiche sospensioni, non razionalmente motivate. E il prezzo di un singolo prodotto, sottoposto com’è a una così lunga procedura, può raggiungere livelli altissimi. Tutto ciò è assai grave: la mancata disponibilità di farmaci che, da decenni, la letteratura scientifica internazionale ha valutato efficaci, impedisce di operare per alleviare dolori intollerabili, resistenti alle tradizionali terapie; e più in generale per migliorare la qualità della vita e della salute dei pazienti.
Infine, gli ostacoli frapposti all’utilizzo di quei farmaci limitano la possibilità di intervenire su patologie come il glaucoma e sui sintomi di malattie neurologiche come la sclerosi multipla, o su effetti avversi (nausea e vomito) di trattamenti particolarmente invasivi come la chemioterapia. Per queste ragioni abbiamo presentato un disegno di legge che prevede la semplificazione delle procedure, snellisce i meccanismi burocratici e riduce le rigidità amministrative, agevolando le possibilità di prescrizione e rafforzando le garanzie per medici e pazienti.
Aggiungo un’altra considerazione: le leggi della regione Abruzzo, del Veneto e della Liguria prevedono la possibilità di stipulare convenzioni con centri attrezzati per la produzione e la preparazione dei farmaci. Si può intervenire quindi anche su un’altra criticità: nessuna azienda farmaceutica italiana ha chiesto la licenza per produrre quei farmaci. Una prima soluzione c’è ed è a portata di mano: e consentirebbe di ridurre i tempi e i costi a carico del Sistema sanitario regionale, in un regime di assoluta sicurezza. Si incarichi, attraverso un protocollo tra Ministero della Difesa e Ministero della Salute, lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze – che già prepara diverse tipologie di materiali sanitari, farmaci e presidi chirurgici – di produrre medicinali cannabinoidi per i pazienti italiani. Ciò non deve escludere, va da sé, la possibilità per i pazienti di ricorrere alla coltivazione domestica per il proprio uso terapeutico. Più in generale, si può dire che l’arretratezza culturale che nel nostro Paese ha ostacolato per anni la ricerca scientifica sul tema della cannabis a uso terapeutico pare possa essere superata. Si tratta ora – e in questo il ruolo delle Regioni può essere determinante – di dare piena attuazione a norme già approvate, estendendole all’intero territorio nazionale e a tutti coloro che ne abbiano bisogno.
Ora diventa forse possibile cominciare a superare un tabù che -oltre a essere antiscientifico e illiberale -aveva e continua ad avere un effetto sciagurato: quello di non ridurre, nei limiti del possibile, il dolore superfluo.

Ne Parlano