Senatore Andrea Marcucci, dica la verità: rimpiange di non essere nato donna?

«No, assolutamente. Intanto voglio dire che sono felicissimo di aver fatto questi tre anni intensi e complicati alla guida di un gruppo che si è dimostrato all`altezza della situazione».

Trapelava un po’ di amarezza nel suo intervento all`assemblea del gruppo martedì.

«Ho sentito la grande pesantezza degli ultimi cinque giorni di attacchi che mi sono apparsi strumentali e organizzati e che, soprattutto, disconoscevano il tanto di buono che abbiamo fatto come gruppo. L`amarezza era innanzitutto dovuta a questo».

Lei spesso è stato indicato da una parte del Partito democratico come una sorta di quinta colonna renziana.

«Ho avuto la sensazione che dietro questa accusa ci fosse il rammarico di qualcuno perché io non me ne sono andato. Del resto, nel Pd c`è chi ha teorizzato che l`area riformista, liberale e progressista non dovesse essere rappresentata internamente ma dovesse essere rappresentata da Italia viva. Goffredo Bettini lo ha teorizzato e magari non lo ha fatto a titolo personale. Io penso, al contrario, che il posto dell`area riformista sia il Pd. Chi mi accusava di essere troppo amico di Renzi in realtà ce l`aveva con i riformisti e con chi li rappresenta avendo l`idea di un Pd che guarda indietro al Pds».

Si è chiesto per quale ragione non sia stato cambiato anche Brando Benifei, il capogruppo europeo?

«Questa è una domanda che ho fatto a Letta e lui ha dato la sua spiegazione che mi ha solo parzialmente soddisfatto».

Quale spiegazione le ha dato?

«Che lì le dinamiche sono diverse: ci sono due ruoli apicali e uno lo ricopre Simona Bonafè, l`altro Benifei».

Senatore Marcucci, lei ha avuto un incontro di quaranta minuti con Enrico Letta martedì: come funziona un colloquio tra un pisano e un lucchese?

«Diciamo che per definizione è estremamente complicato. La storia non ci aiuta, però siamo uomini di mondo, guardiamo avanti e cerchiamo degli accordi».

Lei ha parlato di metodo sbagliato. In che senso?

«Nel senso che la questione di genere non si risolve dicendo che il partito rimane in mano agli uomini, il governo ha tutti ministri uomini e quindi alle donne si danno i gruppi parlamentari. Non è un modo corretto di approccio alla parità di genere. Credo che si debba essere coerenti, conseguenti e uniformi su tutti i fronti. Detto questo, c`è il valore simbolico di alcuni gesti, perciò ho fatto un passo indietro. Non ho subìto diktat da parte di nessuno perché ritengo che l`autonomia sia sacra, perciò abbiamo lavorato all`interno del gruppo su una candidatura che fosse espressione delle sensibilità più rappresentate tra i senatori e abbiamo scelto un nome autorevole, che non fosse dettato dall`esterno, come quello di Simona Malpezzi».

Si è sentito sacrificato dalla sua corrente?

«No, la mia area politica, perché la parola corrente non mi piace, mi ha dato una delega in bianco per decidere. Di me si può dire tutto ma che mi senta sacrificato no».

Matteo Renzi si è fatto vivo?

«Si, l`ho visto, abbiamo fatto alcune simpatiche battute che non le riferirò».

Su questo, purtroppo, non c`erano dubbi. Ma quando non sarà più presidente del gruppo si toglierà qualche sassolino dalle scarpe?

«Da oggi farò il senatore come ho sempre fatto, con grande libertà e lealtà. Sassolini assolutamente no, ma porterò avanti le mie battaglie all`interno del Partito democratico, senza fare sconti a nessuno come ho sempre fatto. Mi impegnerò molto di più in termini politici per rafforzare le istanze liberal-democratiche e riformiste, attività che necessariamente ho dovuto moderare avendo un ruolo nel quale rappresentavo tutti».


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