“Dalle prime notizie, e in attesa di leggere nero su bianco – motivazioni incluse – quanto verrà sottoscritto tra qualche ora, un dato balza evidentissimo agli occhi: Di Maio fa una clamorosa marcia indietro, riconosce la bontà di quanto fatto da noi, la gara era pienamente legittima, tutto è – al netto del preziosissimo tempo perduto a blaterare – in piena continuità con il lavoro svolto nel corso dei 34 incontri precedenti da me presieduti.
Tutto tranne un punto: non capiamo come mai 10mila 700 lavoratori siano di più di 11mila 500, ovvero quanti ne metteva in sicurezza a tempo indeterminato l’addendum da noi presentato alle parti nel maggio scorso.
E perché sia sparita dal tavolo l’ipotesi della società costituita con la partecipazione di Invitalia, funzionale ad assorbire quei segmenti di lavoro che AM esternalizzerà per ragioni legate alla sua organizzazione produttiva senza che questo potesse causare – lo avevamo scritto in modo chiarissimo – concorrenza con le aziende attualmente fornitrici di servizi.
Ecco perché ancora una volta ritengo necessario, riportandolo anche all’attenzione dell’opinione pubblica, ribadire i punti che se assunti dal Governo e da Di Maio avrebbero consentito un salto di qualità. Quella piattaforma prevedeva da subito 10mila lavoratori assunti da AM cui venivano garantiti i diritti economici e normativi acquisiti inclusa l’anzianità di servizio e l’articolo 18, e almeno ulteriori 1.500 a tempo pieno assunti da una società costituita con la partecipazione di Invitalia. Ovvero 11mila 500 lavoratori. Contemplava strumenti per gli esodi incentivati comprese 100mila euro a lavoratore oltre alla cassa integrazione fino al 2023 e l’impegno di AM a supportare il perseguimento della stabilità occupazionale per tutti i dipendenti Ilva.
Garantiva ai lavoratori restanti la permanenza in AS per le opere di ambientalizzazione e indicava le garanzie occupazionali per tutti i lavoratori coinvolti nel processo di rilancio dell’Ilva perché avessero garanzie di continuità occupazionale a tempo indeterminato. Rafforzava le misure sulla tutela e sulla salvaguardia ambientale e specificava le azioni per Genova, a partire dall’Accordo di Programma, e per Taranto, con uno specifico Protocollo d’Intesa dove, come si ricorderà, veniva indicata anche la Valutazione del Danno sanitario.
Rafforzava la fase esecutiva del DPCM con la valutazione del danno sanitario, gestione delle attività del fondo sociale per Taranto, condivisione del piano di intervento di messa in sicurezza e bonifica, esecuzioni delle prescrizioni contenute nel DPCM, obiettivi del Centro Ricerca&Sviluppo, decarbonizzazione e nuove tecnologie, ulteriori misure di compensazione/mitigazione.
Una base che avrebbe dovuto essere ulteriormente integrata e ottimizzata in sede di trattativa, se qualcuno si fosse dato la pena di calendarizzarla non appena insediato al Mise, senza perdere tempo preziosissimo lanciando accuse ai limiti dell’infamia e della querela.
La competenza e la responsabilità sono una cosa, andare un giorno sì e l’altro pure sulla stampa e nel tempo restante cinguettare e smanettare via fb per millantare crediti un’altra. Adesso ne abbiamo l’indiscussa prova”.


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