Al direttore – Mi permetti di ringraziare Francesco Forte? Economista torinese di rango, già vicepresidente dell`Eni durante la Prima Repubblica, il professor Forte attribuisce a un`ideuzza sulla Fiat che avevo manifestato a un giornalista del Fatto un`influenza sul tasso di disoccupazione in Italia. E dire che credevo all`irrilevanza del politico… Ma siccome ci credo ancora, per ridimensionare tutto tornerei al punto: se cioè il trasferimento della sede fiscale della Fiat a Londra non implichi, oltre all`esterovestizione dell`azionista della Stampa e del Corriere (può essere che interessi solo ai giornalisti, e nemmeno a tutti), anche il pagamento della Exit tax. Senza farla tanto lunga, questa imposta una tantum scatta nel momento in cui viene trasferita all`estero la base imponibile. Esiste in molti paesi europei. Ha l`appoggio delle economie industriali, meno di quelle mercantiliste, ancorché pure l`Olanda ce l`abbia. Sappiamo bene che non sarà mai un`imposta a scoraggiare operazioni come quelle fatte dagli Agnelli. Ci vuole altro. E, in questo ‘altro’, per togliere un handicap all`Italia, abbiamo esortato a rendere legittime le azioni a voto multiplo, tipiche del capitalismo nordico, care ai nuovi Agnelli ma potenzialmente utili in tante imprese. Nell`occasione, poi, abbiamo legato lo sviluppo dell`auto alla politica industriale con due esempi. Primo, lo stato che si assume parte dei costi di ristrutturazione del settore ed entra pure nel capitale di talune case automobilistiche. Non è il Vangelo, ma non di rado funziona. Secondo, l`importante accordo Gm-Politecnico di Torino che, assumendo ingegneri dai centri Fiat, contrasta il ridimensionamento della ricerca dell`unico produttore italiano in Italia. Abbiamo concluso auspicando un secondo produttore in Italia. Ma alla fine della giornata, ove mai la struttura dell`operazione Fca facesse emergere gli estremi per l`applicazione della Exit tax, perché dovremmo girare la testa dall`altra parte? L`Irap è l`Irap, e tutto quanto possa servire a ridurne l`incidenza sul costo del lavoro è benvenuto. Grazie a Forte per i consigli. E però la tassa sulle migrazioni d`oro delle basi imponibili è un`altra faccenda. Specialmente quando, nel caso specifico, abbia alle spalle storie di tesoretti off shore come quelli attribuiti, secondo le gazzette, al ramo della dinastia che faceva capo all`Avvocato dalla di lui figlia, Margherita. Forte censura la Exit tax sul piano giuCome si fa a contestare le contestazioni di chi tenne lezione dalla cattedra di Luigi Einaudi? Sia solo consentito al cronista che fui di riferire come tante autorevolissime riserve non abbiano trovato molte conferme nelle sentenze. Forse nessuna, almeno finora. D`altra parte, la concorrenza fiscale tra stati dell`Unione euopea e tra l`Unione e il re- sto del mondo è una politica che, ai tempi della globalizzazione, favorisce arbitraggi regolatori che generano` pfoblemi e paradossi disintermediando lo stato di diritto. Diceva Nenni, a proposito dei moralisti: ‘C`è sempre uno più puro che ti epura’. Direi oggi a proposito del fisco: ‘C`è sempre uno stato che abbassa l`aliquota più di te’. Il Regno Unito, paradiso per la Fiat, si sente inferno quando l`Irlanda gli sottrae con smagati magheggi l`imponibile dei colossi del web realizzato sul suo territorio. Per non pagare le tasse a Washington, le multinazionali Usa trattengono all`estero 800 miliardi di dollari di liquidità, accumulati in pochi anni dall`ultimo condono (che non portò al paese gli investimenti promessi a Bush Jr. ma dividendi aggiuntivi per gli azionisti, a carico dell`Erario). E tuttavia la manifattura Usa oggi riprende a correre. Perché? Le tasse sono quelle di prima, ma due nuovi motori sono stati attivati: a) le ristrutturazioni industriali e bancarie, accettate dai sindacati anche perché ingentissimi finanziamenti statali in regime di deficit spending a sostegno della domanda interna fanno sperare che i sacrifici non saranno vani; b) i crescenti risparmi sui costi energetici derivanti dallo shale gas, un punto di pil secondo David Sandalow; e domani arriverà lo shale oil. Ma quando, nel 2010, criticai sul Corriere l`Enfi che non aveva capito per tempo la rivoluzione energetica Usa e i suoi effetti sui prezzi, il professor Forte, già allora preoccupato che facessi disastri, spargeva scetticismo sullo shale gas a difesa del management dell`Eni che aveva scommesso sull`allungamento dei contratti take or pay e sul rapporto privilegiato con la Russia di Putin.

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