Con la Carta di Milano si inizia a lavorare per un mondo più equo
Alvin Toffler, studioso di problemi sociali, ci avverte che «tre quarti dell`umanità, soprattutto giovane, non solo non si aspetta nulla di meglio dal domani, ma crede che la distribuzione delle risorse accentuerà, insieme, la ricchezza e la povertà». Negli Stati Uniti, ii Paese dov`è più diffuso il fenomeno dell`obesità, si getta nella spazzatura, annualmente, un patrimonio che basterebbe per sfamare milioni di persone nelle aree più derelitte della Terra. Scopriamo, intanto, che i poveri, per paradosso, erano meglio difesi quando un mondo prevalentemente contadino dovette gestire la sopravvivenza. Ricorse, infatti, a una sorta di ‘regola spontanea’ che fece della miseria generalizzata una struttura della vita quotidiana. Altra cosa è la povertà di oggi, quando nessuno strumento, utilizzabile mondialmente, è in grado di ridurre una fame endemica e ingovernata. Oggi sémbra impossibile che una tragedia, così quotidiana e planetaria, perduri nel silenzio del mondo civile. Ci si è limitati a dire, a buon mercato, che «l`abbondanza era un`idea moderna già superata», e occorreva prepararsi all`arrivo, addirittura, di una «civiltà del meno». La modernità aveva creato l`illusione che le risorse egoistiche della ricchezza fossero infinite: bisognava concepire un tipo di crescita che non fosse, per dirla con Sicco Mansholt, «una corsa denaro», e dunque che «qualcosa, nelle strade percorse, era sbagliato». Ora, il nostro Paese con altre Nazioni sta mobilitando l`energia e la volontà, la morale e l`etica di una umanità che finalmente apra gli occhi anche sul suo futuro. Ce lo annuncia l`Expo con ‘la Carta di Milano’, un`impresa che ha già assunto valori e dimensioni epocali: della cultura, della politica, dell`equità.

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