“Con 242 sì, 73 no e 48 astensioni, la Camera dei Deputati il 20 settembre ha licenziato in seconda lettura il disegno di legge n.3139: atteso da oltre un anno, il passaggio riconsegna ora il testo al Senato. La normativa che esce da Montecitorio, tuttavia, è profondamente modificata, anche nel titolo, rispetto al testo che avevamo approvato all’unanimità il 20 maggio 2015 a Palazzo Madama. Cambia di fatto l’impostazione del provvedimento nato per tutelare i minorenni, che privilegiava la prevenzione dei fenomeni di bullismo informatico e sulla responsabilizzazione degli adolescenti, piuttosto che sull’aspetto punitivo. Estendere il provvedimento agli adulti significa di fatto compromettere l’efficacia delle procedure di rimozione dei contenuti lesivi ai danni dei nostri ragazzi, un effetto ben chiarito anche dal Garante per la Privacy e dal Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. Risultato che a Palazzo Madama avevamo raggiunto con il coinvolgimento diretto dei social network e delle aziende new media. Un lavoro nato in Commissione Diritti Umani e sviluppato assieme ai Ministeri, alla Polizia Postale, ai Garanti, all’Agcom, alle Procure minorili e a tutte le principali associazioni impegnate da anni in questa direzione. Una legge “mite”, di natura educativa e preventiva, non contro la Rete, bensì per costruire insieme alle nuove generazioni un principio di cittadinanza digitale. Questa resta la priorità. Questo è il senso della battaglia di Paolo Picchio, che nel gennaio del 2013 perse sua figlia Carolina e che più di tutti conosce il senso e l’importanza della prevenzione e dell’educazione digitale.
In queste settimane, pubblicamente e privatamente, ho ricevuto tantissime testimonianze di supporto da parte di genitori, studenti, insegnanti e operatori del mondo digitale. Voci e posizioni che da ogni punto di vista hanno espresso più di un dubbio sulle modifiche operate dalla Camera. Se vogliamo restituire umanità alla comunità (digitale e non) dobbiamo partire dalla preadolescenza, a cominciare dalla scuola. La volontà unanime di Palazzo Madama a tutela dei minori non sminuisce l’importanza di analizzare anche il rapporto tra web e adulti. Il disegno di legge che ho presentato assieme a molti colleghi e sostenuto da tutta l’Aula, parte dal lontano 2013 e intende dare più diritti a chi non ha voce, i bambini e i preadolescenti che rischiano di farsi male sul web. Ragazzi che, spesso inconsapevolmente, incorrono in reati. Ecco il perché della procedura d’ammonimento, unico elemento giuridico di un testo nato assieme alle aziende new media che ben comprendono quanto, di fronte ai minori, il diritto alla libera espressione debba fare necessariamente un passo indietro. Le dinamiche del cyberbullismo, come quelle dell’adescamento e della pedopornografia, sono altro rispetto all’hate speach tra adulti o al diritto all’oblio che interessa le normative internazionali. La legge nata sulla scia del messaggio di Carolina porta con sé la sua semplicità e rischia di perdere senso dentro un dibattito infinito sulle possibilità (se esistono) di intervenire sulla viralità della Rete, a maggior ragione rispetto a segnalazioni di “offese o derisioni” la cui portata, se rivolte a soggetti adulti, sarebbe di difficile valutazione. I reati, come il furto di identità, già esistono; il problema è culturale e come tale si può affrontare nella fase educativa e attraverso azioni preventive in sinergia con tutti i servizi territoriali (anche in termini di cura) per accompagnare le nuove generazioni in un futuro che non può e non deve fare paura.”

dalla newsletter della senatrice Elena Ferrara
http://www.elenaferrara.it/


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