In questi anni ci stiamo illudendo che la democrazia rappresentativa possa sopravvivere alle spinte populiste che rischiano di stravolgere il suo senso profondo.
I nuovi leader, proprio nel nome del popolo sovrano, tendono a costruire un potere demagogico, accentratore, che disprezza regole e controlli e che, a tratti, sembra incompatibile con una corretta gestione del potere.
Questo atteggiamento ricava gran parte della sua forza anche dagli straordinari cambiamenti di cui è stata oggetto la comunicazione di massa che, senza adeguate mediazioni, spinge i cittadini-popolo a seguire gli imbonitori e i loro messaggi semplici e disintermediati.
Si propongono soluzione attraenti, si descrive una realtà alterata in cui le regole possono essere aggirate e in cui il governo, come un buon padre di famiglia, si occuperà dei figli cittadini, restituendo loro il mal tolto. Questa visione distorta, fondata su messaggi spesso falsi, impedisce che emerga una responsabilità pubblica collettiva. Il risultato è un’assenza di senso delle istituzioni.
Oggi, più che mai, l’antidoto contro queste dannose spinte sarebbe il rilancio dell’educazione intesa anche come capacità critica nei confronti della politica e della società. Un’educazione per la politica e alla politica. Un’educazione che restituisca ai cittadini la capacità di comprendere, approfondire, valutare, sentire, scegliere, decidere.
Tutti gli studi dimostrano che alle radici del populismo c’è un drammatico deficit di istruzione. La stagione politica 2016-2017 con la Brexit, l’elezione di Trump, il referendum turco, il duello tra Macron e la Le Pen, ha indicato in tutta la sua evidenza che oggi la frattura è tra laureati e non laureati, centri urbani e periferie.
Quando si citano questi dati, le reazioni sono ostili e si riassumono nel timore che le élite tolgano il voto al popolo. Paura espressa in un tono rabbioso e sprezzante, financo violento. Se la politica fosse razionale oggi si impegnerebbe per colmare questo divario, prima che il fossato dell’odio e del rancore diventi troppo largo per essere colmato.
Si impegnerebbe per rimettere al centro della sua agenda istruzione ed educazione, diffondendo nelle periferie servizi, infrastrutture, rete, cultura. Solo istruzione e conoscenza possono indicare la strada e salvare la democrazia dall’ideologia populista.
Perché è del tutto evidente che se le scelte delle persone nascono da informazioni scorrete e mendaci, basate su pregiudizi, slogan e bugie, la democrazia perde la sua forza e si trasforma in un sistema inefficace. Se l’educazione smarrisce il suo senso e il suo valore, la democrazia diventa un sistema di governo che è tale solo sulla carta.
La sua qualità passa attraverso l’educazione come strumento di rinascita della coscienza civile, dell’umanesimo sociale e dell’etica politica contro il trionfo del pensiero unico manipolato da una comunicazione distorta e aggressiva che trasforma i cittadini in sudditi.
In questo senso, diventa di fondamentale importanza anche ripensare in termini etici la politica e ridare senso e valore all’educazione come unico strumento per favorire il cambiamento e promuovere l’emancipazione.
Altrimenti siamo destinati a una deriva in cui la mancanza di coscienza critica aumenterà il culto del potente di turno e la più devastante demagogia.


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