Presidente Latorre, la vicenda di Catania è diventata subito un caso politico scottante?

«Di fronte all’uccisione di due persone, il primo sentimento che provo è quello della vicinanza e della solidarietà alla famiglia. E poi, c’è da dire che alcune reazioni sono talmente indecenti da essere in-commentabili. Consiglio a Salvini, e a chi come lui specula su queste cose, di mettersi davanti a uno specchio e chiedersi: come posso essere caduto così in basso?».
Dopo di che, però, resta il tema dell’accoglienza.
«Su questa materia, dobbiamo stare molto attenti a non fare i cerchiobottisti. Bisogna dire con estrema chiarezza che l’accoglienza è un dovere morale prima ancora che un rispetto dei trattati. Allo stesso tempo però, e con altrettanta fermezza, occorre dire che l’accoglienza è tale fino a quando è gestibile. Quando non lo è più, si rischia di produrre effetti opposti a quelli voluti».
Che cosa significa accoglienza gestibile?

«Vuol dire anzitutto che i centri non devono accogliere un numero di persone illimitato ma soltanto quelle a cui si può realmente garantire un trattamento dignitoso e che possono essere totalmente controllate. Per questo, distribuire più diffusamente i migranti consente di evitare concentrazioni pericolose e allarmanti».
Dice più o meno questo la figlia delle vittime di Catania?
«Non voglio interpretare parole che meritano profondo rispetto. Ma eventi di questo tipo devono spingerci a capire anche i limiti delle politiche messe fin qui in campo e la maniera per superarli. Da questo punto di vista sono importanti le parole di Matteo Renzi che ha chiesto all’Europa – e nel prossimo vertice Uè si farà – di esaminare insieme nei territori di provenienza le domande dei richiedenti asilo e di gestire insieme con estremo rigore i rimpatri di quelli non hanno diritto allo status di rifugiati. Si tratta insomma di commisurare le nostre politiche alla dimensione che sta assumendo il fenomeno».
L’Europa è come minimo disattenta?
«Alcuni soggetti europei conside-rano questo come un problema che quasi non li riguarda. Io credo che il fenomeno enorme di cui stiamo parlando sia inaffrontabile, se la bussola è quella del consenso elettorale. Ogni speculazione e ogni strumentalizzazione rendono più complicata la gestione delle cose. Non dimentichiamoci che c’è l’ivoriano criminale di Catania ma c’è anche l’ucraino che si è immortalato nel napoletano, tentando di sventare una rapina».
I muri servono secondo lei?
«Se non c’è una politica comune europea, tutti i muri che si vogliono erigere saranno travolti».
Ma l’insistenza sull’eurocoinvolgimento non è diventata un alibi per l’Italia?
«Non deve esserlo assolutamente, così come si coglie anche nelle parole responsabili che su questo tema sta dicendo il presidente del consiglio, fin dal suo insediamento».
Un intervento militare in Libia non sarebbe risolutivo per fermare buona parte dell’esodo?
«E’ giusto, come il governo italiano sta facendo, sostenere l’iniziativa del mediatore Bernardino Leon per un governo di unità nazionale. Ma il tempo sta per scadere. Ed è chiaro che noi al più presto dobbiamo fare, con Leon, una valutazione sull’opportunità di affiancare alla sua opera altre iniziative di cui anche l’Italia può essere protagonista».
Iniziative politico-diplomatiche o militari?
«Escludo un intervento militare diretto. Ma l’Italia è pronta ad assolvere ad ogni impegno di supporto, per la costruzione dello Stato libico e per un pieno controllo dei confini».

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