‘Non è una questione di disciplina e Bersani lo sa bene’
Presidente della commissione Difesa in Senato, il pugliese Nicola Latorre è nel Pd esponente della maggioranza. Già vicino a Massimo D`Alema, ha aderito alle posizioni renziane.
Senatore Latorre, lo scontro nel Pd si inasprisce?
«Vorrei fare una premessa indispensabile, prima di rispondere alla sua domanda. Parlare dell`esigenza di fondo, alla base del processo di riforme avviato: la modernizzazione del Paese. I non cambiamenti alimentano sfiducia nel Paese, allontanano la gente dalla politica».
E una difesa delle ragioni della maggioranza?
«È il ricordo della filosofia politica da cui si è partiti. Non dimentichiamo che questa legislatura, con la rielezione di Napolitano e poi l`elezione di Mattarella, si era posta come obiettivo prioritario proprio le riforme istituzionali. Se non si ricorda questo, non si comprende perché ne facciamo questione politica importante per arrivare ad una democrazia forte».
Che intende per democrazia forte?
«Una democrazia dove il rapporto tra discussione e scelte è equilibrato. I miei amici della minoranza pensano spesso, invece, ad uno squilibrio di questo rapporto portando oggettivamente acqua al mulino del populismo demagogico».
Crede che le riforme approvate siano state digerite dal vostro elettorato?
«Credo che ci sia un filo rosso nelle nostre riforme, che legajobs act, legge elettorale, l`impianto delle modifiche istituzionali, la scuola. Questo filo è la riconquista della fiducia della gente, facendo comprendere che si è in grado di decidere e risolvere problemi aperti».
Torniamo alla domanda iniziale: la frattura nel Pd è insanabile?
«Io penso che sia stata molto importante la disponibilità mostrata da Renzi all`assemblea di martedì. Sono convinto che il confronto vada proseguito».
La minoranza insiste sulla imposizione della cosiddetta Camera delle autonomie: ritiene populismo anche questo?
«La legittimazione popolare è a monte, nelle elezioni regionali. Il superamento del bicameralismo richiede una diversa fonte di legittimazione».
La gente ha la sensazione che, alla fine, con la riforma del Senato non si risparmi nulla. È così?
«Chi farà parte della Camera delle autonomie non avrà diritto a retribuzioni. Se poi si riferisce ai rimborsi spesa, quelli saranno controllati con rigore».
L`abolizione delle Province sta creando problemi locali: non ci sono fondi per la manutenzione di scuole e strade. C`è stata troppa fretta?
«Siamo nella fase di transizione di una modifica costituzionale che non ha ancora terminato il suo percorso. Nelle transizioni, si vivono queste fasi di passaggio».
Cosa succederà quando si andrà al voto sulla riforma del Senato?
«Spero nel più ampio consenso possibile, anche dopo le modifiche della proposta di legge iniziale. Ma dico con chiarezza che l`articolo due è intoccabile. È stato già approvato in conformità da Camera e Senato, se si mette in discussione si potrebbe chiedere lo stesso per tutti gli altri punti votati in maniera analoga. Io, su questo, avverto un grande rischio».
Quale?
«L`apertura di varchi alla Lega e al Movimento 5 Stelle, che con intento dichiarato lavorano per far saltare le riforme. Abbiamo aperto margini di discussione sull`impianto della legge, ma ostinarsi sull`articolo due spariglia tutto e dà spazio alle opposizioni».
Ci sarà la scissione?
«Ogni tanto qualcuno paventa questo rischio, ma poi leggo quasi sempre dichiarazioni che lo escludono».
Sul voto, la maggioranza invocherà la disciplina di partito?
«In diverse occasioni, esponenti del Pd hanno votato diversamente dalla maggioranza e non ci sono stati provvedimenti disciplinari. Bersani dice che non si può invocare la disciplina di partito sulle riforme istituzionali, ma chi lo ha fatto? C`è un voto di coscienza, che è questione individuale. Qui, però, si va oltre».
In che senso?
«Quando il dissenso individuale diventa collettivo e di gruppo, si entra in una logica di soggetto politico. Di gruppo, appunto, e questo lo trovo incomprensibile».
Accetterete il soccorso dei voti del gruppo di Verdini?
«Non chiediamo voti, ma l`atteggiamento della minoranza di certo può dare spazio ai verdiniani. Non è questione di venire in soccorso alla maggioranza».
Dopo la direzione nazionale il 7 agosto, la questione Sud è scomparsa dal dibattito del Pd?
«Il punto è delicato. Accentrare il confronto politico sulla riforma istituzionale distoglie da altre priorità. Credo che Renzi, sabato prossimo, alla Fiera del Levante dirà e annuncerà qualcosa. Il governo lavora per inserire nella legge di Stabilità interventi e progetti per il Mezzogiorno. Il dibattito pubblico nazionale invece è assente, fatta eccezione per i giornali meridionali».
La diversità di posizioni politiche nel Pd ha provocato fratture personali di vecchie amicizie?
«Parlo per me, non per altri. Ho un`antica amicizia con Massimo D`Alema, che considero il mio maestro politico. Al congresso, però, ho sostenuto con convinzione Renzi e non condivido le recenti critiche di D`Alema. Sul piano personale, per me non è cambiato nulla, ma politicamente io e D`Alema siamo lontani».

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