IL GOVERNO invia un rinforzo di 200 militari al cantiere Tav in Val di Susa. E il nuovo prefetto di Torino è l`ex vicecapo della Polizia Paola Basilone, esperta di ordine pubblico e infiltrazioni mafiose.
Senatore Esposito, lei chiedeva questi provvedimenti da tempo, sarà contento.
«Mi sembra una scelta opportuna visto l`evolversi della situazione. Ora dovrebbe
essere chiaro a tutti che il movimento contro il treno non c`entra più nulla».
Ammassare le truppe potrebbe essere letta come una provocazione.
«Per chi va in cerca di equivoci sì. Non parliamo di un sito militare ma di un aiuto per liberare risorse sul territorio. Alle persone che parlano di militarizzazione come motore delle violenze (e penso a gente come Marco Revelli o Erri De Luca) ripeto che certi fasti ideologici non si possono rinverdire o liquidare come ribellioni
giovanili. La militarizzazione è figlia della violenza, non viceversa».
Con la task force che porta a 415 il contingente di militari la Val Susa è più sicuro?
«Non solo la Val Susa ma tutta la provincia. Ricordo che il centro sociale Askatasuna è nel cuore di Torino. Ma devono sentirsi più sicuri tutti gli italiani: lo Stato c`è. Altro discorso per le imprese vittime di attentati che vengono fatti passare per atti di sabotaggio. Per loro non bastano le parole e nel decreto sicurezza troveranno anche i fatti».
Il leader No Tav Alberto Perino insiste con la teoria della persecuzione e pensa
a una denuncia per stalking nei confronti della magistratura.

«Perino è diventato un matto volante. Se qualsiasi politico avesse detto le cose che dice lui sarebbe già stato arrestato. Immagino che la procura lo lasci stare perché lo considera un caso clinico».
Davanzo e Sisi, delle nuove Br, rilevano «simpatiche consonanze» fra la loro dimensione di ‘prigionieri politici’ e i No Tav imputati nel maxi processo di Torino.
«Le definirei consonanze inquietanti. Lo dissi già nei giorni in cui gli imputati No Tav ricusarono la corte, minacciarono l`avvocato di parte civile e la stampa. Mi hanno chiamato pazzo visionario ma forse avevo ragione. E questo non va spiegato solo a Erri De Luca. Va spiegato anche ai giornalisti che accarezzano il pelo al movimento
senza ammettere che dal 2006 è diventato un`altra cosa».

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