Leggo un articolo del WSJ di Giada Zampano del 1 novembre (ripreso da diverse testate italiane) che rilancia anche in Italia il tema della ‘mancession’: così viene definito il fenomeno per cui la recessione ha fatto diminuire la forza lavoro maschile e rilanciato l’occupazione femminile. Alcuni dati messi in rilievo nell’articolo fanno ritenere che sia così anche in Italia: secondo l’Istat sono 110.000 in più le donne occupate rispetto al 2012 mentre le donne capofamiglia sono l’8,4% contro il 5% del 2008. I motivi sono molteplici: i settori del mondo del lavoro in cui le donne sono maggiormente presenti sono quelli toccati in misura inferiore dalla crisi e il loro più alto livello di istruzione. Quello che il recente rapporto di Eurofound su ‘Donne, Uomini e condizioni del lavoro in Europa’ sottolinea giustamente come elemento di segregazione, può diventare in questa interpretazione un elemento positivo. Può la pesante crisi economica diventare un’opportunità per le donne? Secondo l’OCSE sì: la maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro garantirebbe infatti il mantenimento dei tassi di popolazione attiva e contribuirebbe ad aumentare il PIL dell’1%. Per fare questo, è necessario che le misure di contenimento della spesa non vadano a colpire i servizi di sostegno alle famiglie ed all’infanzia, cosa che inevitabilmente peserebbe di più sulle donne.

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