«Il Jobs Act non va toccato. Il referendum della Cgil azzera tutto il cammino fatto finora sul lavoro». Pietro Ichino, giuslavorista, democratico, è convinto che il quesito sull`articolo 18 sia inammissibile.
Professor Ichino, il referendum della Cgil disfa il Jobs Act?
«Bisogna innanzitutto verificare che il quesito sull`articolo 18 sia ammissibile».
Pensa possa non esserlo? Perché?
«Un primo profilo di inammissibilità del quesito sta nel fatto che esso deve avere un contenuto unitario. Qui invece ce ne sono addirittura tre: “volete abrogare la parte del Jobs relativa ai licenziamenti, per gli assunti dal marzo 2015?”; e poi “per gli assunti prima del marzo 2015, volete abrogare le modifiche dell`articolo 18 contenute nella legge Fornero del 2012?”; infine : “volete voi che il vecchio articolo 18, così ripristinato, si applichi a tutti i datori di lavoro che abbiano almeno sei dipendenti?”. Un secondo profilo di inammissibilità sta nel fatto che quest`ultimo quesito non ha per oggetto l`abrogazione di una norma, ma la creazione di una norma nuova, che non è mai esistita. Per questa parte, il referendum promosso dalla Cgil diventa propositivo. Ma l`istituzione del referendum propositivo è stata bocciata proprio dieci giorni fa con il referendum sulla riforma costituzionale».
E se ammesso, quando si terrebbe il referendum?
«Nella primavera prossima o in quella del 2018, a seconda di quando si scioglie il Parlamento».
Lei non sarebbe favorevole a cambiare la riforma per evitare i quesiti?
«No. Stiamo compiendo il passo decisivo di una transizione che il nostro Paese attende da trent`anni, il passaggio dal modello mediterraneo di mercato del lavoro al modello nord-europeo. La cosa peggiore che potrebbe accadere al Paese è di fermarsi in mezzo al guado, o addirittura tornare al punto di partenza.
La Cgil però obietta che i frutti di questa riforma non si sono visti.
«Non è così. Nell`ultimo biennio è nettamente aumentato il flusso degli investimenti diretti esteri nel nostro Paese, che prima si era quasi azzerato: ed è solo da questo aumento che oggi possiamo attenderci un aumento della domanda di lavoro, e quindi anche dell`occupazione e delle retribuzioni. Nel biennio 2015-2016 l`Inps ha registrato 1,2 milioni di assunzioni regolari in più rispetto al biennio precedente, delle quali 815.089 a tempo indeterminato»
Un altro quesito referendario mira ad abolire i voucher: i buoni-lavoro hanno moltiplicato il precariato?
«Senta, in un periodo in cui, come si è detto, sono aumentate di 1,2 milioni le assunzioni regolari, e tra queste quelle stabili di 800mila, si sono registrati anche 115 milioni di ore di lavoro accessorio retribuito con i voucher, cioè l`equivalente di circa 60.000 posti di lavoro precario se fossero stati tutti a tempo pieno. Non è plausibile che questi siano tutti casi di precarizzazione di lavoro che altrimenti si sarebbe svolto in modo regolare».
Ma hanno sanato il lavoro nero?
«Non hanno certo eliminato questa piaga. Ma un contributo certamente l`hanno dato. Studiamo il fenomeno, individuiamo le anomalie da correggere, ma eliminare drasticamente i buoni-lavoro mi sembra proprio una misura demagogica. Porterebbe solo un aumento del lavoro nero».
Se si andasse al voto anticipato, si congelerebbero i quesiti. È una furberia, come dice la segretaria Cgil, Camusso?
«Sì. Non deve essere questo il criterio in base al quale anticipare le elezioni».
Insomma è bene o no fare questo referendum?
«Sui due quesiti ammissibili è giusto che si celebri il referendum. Il referendum mira ad azzerare tutto il cammino fatto dalla riforma Treu del 1997. Non sarebbe affatto un buon servizio, né per i lavoratori italiani, né per le imprese che vogliono operare in Italia».


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