Venerdì prossimo Matteo Renzi sarà al Centro nazionale per il volontariato di Lucca per illustrare, due anni dopo la proposta, l`obiettivo raggiunto: la riforma del terzo settore è legge. Certo, c`è voluto tempo e mancano ancora i decreti legislativi. Ma il risultato finale è apprezzato, come attestato dall`unanime coro di dichiarazioni positive da parte delle molteplici organizzazioni di rappresentanza del terzo settore, a cominciare dal Forum nazionale. E come certificato dai maggiori opinionisti e studiosi della materia, che in queste settimane hanno tessuto le lodi della riforma.
Il testo anzitutto riconosce il terzo settore come soggetto giuridico, con una definizione chiara che risponde al perché (finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale), al come (dono, mutualità o produzione e vendita, pur con vincoli e limiti alle remunerazioni del lavoro e del capitale) e al dove (solo in attività di interesse generale). Si definiscono, insomma, le caratteristiche comuni di una carta d`identità, a cui si rifanno i diversi “volti” che la compongono (volontariato, coop sociali, associazioni di promozione sociale, ecc.). Usando una metafora, si potrebbe dire che il terzo settore è come il palmo della mano: le diverse dita ne fanno parte e attraverso il palmo le stesse dita si muovono in modo coordinato.
Si chiarisce inoltre che l`impresa sociale è parte integrante del terzo settore, dovendone osservare le caratteristiche nonché i limiti alla eventuale remunerazione del capitale, fissati in modo identico a quelli già applicati per le cooperative a mutualità prevalente. In questo modo si supera l`attuale legge sull`impresa sociale, rimasta finora inapplicata, consentendo a chi ne assume la qualifica, al di là delle diverse forme giuridiche adottate (del libro primo o del libro quinto del codice civile), di mantenere il valore reale del-capitale investito, di realizzare eventuali forme miste (anche con presenza di soggetti pubblici o privati) e di fruire di tutti i vantaggi fiscali e promozionali previsti nella legge.
Insomma: si può fare impresa profit nel sociale, si possono,avere imprese con una forte responsabilità sociale, si possono avere imprese con una doppia finalità (le benefit corporation, recentemente previste nell`ultima legge di stabilità), ma si tratta di formule diverse dall`impresa sociale. Il che non toglie che, tra loro possano realizzarsi forme di cooperazione. Senza tuttavia consentire, a chi intende (legittimamente) far profitti nelle attività di interesse generale, di ottenerli e di fruire contemporaneamente dei vantaggi che la legge prevede.
In altri termini, la legge delinea uno scambio virtuoso: io Stato prevedo agevolazioni, incentivi e vantaggi di vario genere, nonché i relativi controlli, a condizione che tu terzo settore osservi le caratteristiche e i limiti stringenti previsti, a garanzia dell`interesse pubblico.
Il volontariato organizzato viene poi riconosciuto come soggetto particolarmente meritevole di tutela e promozione, chiarendo meglio. di oggi ruoli e obiettivi dei Centri di servizio. Anche il servizio civile universale trova una sua piena cittadinanza, con una precisazione importante circa la responsabilità di programmazione e coordinamento in capo allo Stato centrale.
Ci sono molte altre novità importanti: dai controlli, ai registri, dal Consiglio nazionale alla Fondazione Italia sociale, dalle tutele per i lavoratori agli incentivi, ad esempio favorendo una più rapida e diffusa concessione di immobili pubblici, tra cui quelli confiscati alle mafie. Siamo insomma di fronte a una riforma davvero importante, anche perché oltremodo complessa, che ha visto un progressivo affinamento dei contenuti nei diversi passaggi parlamentari.
Resta un`ultima domanda: si poteva avere ancora più coraggio, come anche dichiarato dallo stesso premier? Probabilmente sì, ma non certo per aprire il nonprofit al profit, come avrebbe voluto la grande finanza internazionale a caccia di investimenti prudenti con rendimento certo, anche con il sostegno (involontario?) di riviste specializzate e prestigiose università.
Un maggior coraggio ci poteva invece stare nella volontà di affrontare radicalmente la giungla fiscale che si è negli anni creata: le indicazioni fornite sono un po` generali. Oppure, nell`imporre a chi svolge attività d`impresa di adottare la qualifica di impresa sociale; si è invece preferito lasciare tale scelta come facoltativa, pur prevedendo maggiori obblighi di trasparenza e rendicontazione rispetto a quelli oggi previsti.
Nonostante insomma qualche prudenza di troppo, resta indiscutibile il tratto fortemente innovativo della nuova legge. Non basterà certo una legge a far diventare primo il terzo settore. Ma di sicuro, afineno un po` potrà aiutare.


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