“Nell’iter parlamentare, nonostante le numerose e respinte proposte del Pd, l’impianto di fondo del decreto sul reddito di cittadinanza non è cambiato, confondendo sostegno al lavoro e contrasto alla povertà. Il risultato è un mostro giuridico che corre il rischio concreto di non aiutare davvero proprio i poveri veri, le disoccupate e disoccupati, le persone con disabilità e in molti casi le donne”. Lo ha detto la senatrice del Pd Annamaria Parente, vicepresidente della Commissione Lavoro, svolgendo in Aula la relazione di minoranza sul testo del decretone.
“In tutti gli altri paesi del mondo – ha proseguito Parente – queste due misure sono attuate con politiche pubbliche specifiche e separate. Il sostegno al lavoro ha bisogno, oltre che di un sistema di accompagnamento alle persone, della promozione di un clima imprenditoriale che favorisca gli investimenti e crei nuove opportunità di lavoro, soprattutto nelle aree più deboli come il Mezzogiorno. La lotta alla povertà porta con sé l’individuazione reale dei veri poveri, dei senza tetto, di tutti coloro che vivono spesso in famiglie a forte rischio di disagio sociale. Pur con tutti i limiti, i governi della XVII legislatura avevano individuato da un lato il Reddito di inclusione e, dall’altra, la costituzione, per la prima volta nella storia italiana, di un’Agenzia nazionale per le politiche attive, con nuova impalcatura di diritti. Si poteva proseguire su questa strada mentre, al contrario, la confusione tra povertà e disoccupazione, le procedure farraginose, il mancato potenziamento dei servizi sociali rischiano di creare solo assistenzialismo a tempo e non emancipazione e promozione della libertà delle persone. Non solo, con l’assunzione di 3000 navigator precari che si andranno ad aggiungere ai precari dell’Anpal si realizzerà la condizione dei precari che ricollocano i disoccupati e i poveri”.


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