Infrastrutture, iniziamo con linee ferroviarie: la Bari-Napoli e la Palermo-Messina-Catania
Tra i tantissimi racconti che si sono susseguiti quest’estate, mi ha colpito il rilievo dedicato dal principale quotidiano del Paese a una azienda di due giovani pugliesi nel settore aerospaziale, uno dei tanti casi di eccellenza industriale della nostra terra capaci di farsi strada nel mercato mondiale. Un esempio che fa da contraltare alle arretratezze che ancora pervadono vaste aree del Mezzogiorno: dalla debolezza delle infrastrutture materiali a quelle sociali, dalla disoccupazione al ` deficit di legalità e così via.
Insomma, una fotografia in chiaroscuro che ci consegna da anni ‘più sud’ che convivono in una sorta di dualismo in cui innovazione e modernità confliggono con arretratezza e ritardi di sviluppo cronici. Ma quali politiche, risorse e strumenti possano aiutare a sanare tale dualismo?
Le politiche. Ne servono di moderne e di efficaci, purché siano politiche nazionali che promuovano nel sud un netto avanzamento delle condizioni di vita, del fare impresa, della dotazione infrastrutturale, della legalità e così via. Alcuni esempi di politiche, in parte già avviate negli ultimi mesi: la riforma della Pubblica Amministrazione all`insegna dell`efficienza, del merito, della capacità progettuale; la riforma della portualità e della logistica che superi visioni localistiche; una politica nazionale per il turismo, settore di cui le regioni meridionali detengono fattori competitivi non ‘esportabili’; una politica industriale che, come dimostra l`Ilva e altre crisi risolte negli ultimi mesi, da un lato confermi come sìa possibile sconfiggere il rischio di ‘desertificazione’ e, dall`altro, ribadisca che una solida manifattura, sostenibile e innovativa, continua ad essere la via migliore per creare occupazione duratura. Le risorse e gli strumenti. Al Mezzogiorno negli ultimi venti anni sono state sottratte ingenti risorse. Allo stesso modo, altrettante ad esso destinate, di origine comunitaria e non solo, sono state spese spesso in modo non adeguato o sono rimaste inutilizzate. Siamo il secondo Paese per assegnazione di fondi Ue ma i quart`ultimi per utilizzo: ancora nell`ultima programmazione l`Italia si presenta con 11 programmi operativi nazionali, 22 programmi operativi regionali, centinaia ,e centinaia di azioni! La scelta di concentrare la gestione e destinazione delle risorse per il Mezzogiorno diviene non più rinviabile.
Individuare poche grandi aree di intervento è fondamentale. Penso a tre priorità: le grandi infrastrutture, a cominciare da quelle ferroviarie (la Bari-Napoli e la Palermo-Messina-Catania); il sostegno al sistema produttivo, alla ricerca e alla formazione del capitale umano; il turismo e la cultura.
Una impostazione che avrebbe come corollario il superamento della ‘regionalizzazione’ nella gestione e destinazione dei fondi Ue, considerando finalmente il Mezzogiorno come una unica macro area territoriale.
Si tratterebbe di vincere le resistenze di intere classi dirigenti locali che per troppo tempo hanno guardato a queste risorse più come un cantiere di consenso che di opere e progetti di ammodernamento del sud. Da meridionale sostengo che ce lo dobbiamo dire con franchezza. Da questa verità può originare una nuova consapevolezza dei nostri limiti ma anche delle nostre potenzialità; di ciò che possiamo e dobbiamo chiedere al resto del Paese.
Infine, il pensiero va rivolto a come si organizza, in questa fase, la partecipazione pubblica nel Mezzogiorno. La crisi dei partiti ha lasciato enormi spazi vuoti e lo stesso Pd arranca e sembra declinare lentamente in questa parte del Paese verso meccanismi degenerati di ricerca del consenso. Agli inizi di agosto la Direzione nazionale Pd ha avviato una discussione sul rilancio del Mezzogiorno, anche a seguito delle anticipazioni del rapporto Svímez 2015, con Matteo Renzi che ha indicato un programma di lavoro che culminerà nella presentazione a metà settembre, alla vigilia della legge di Stabilità, di un programma dí interventi.
Ha ragione Renzi quando, nel richiamare la storica coincidenza che vede il Pd alla guida del Paese e di tutte le regioni del sud, sostiene che non abbiamo più alibi e che la responsabilità è solo nostra: quindi, diamoci da fare!

Ne Parlano