Alla fine i renziani hanno capito che i numeri non sono tutto
Sembra soddisfatta, ma soltanto a metà la senatrice Doris Lo Moro, nel guardare oltre l`intesa raggiunta fra i Dem. Nel guardare agli altri emendamenti che rimangono ancora in campo sul ddl costituzionale, ma anche alla dialettica interna al partito nella quale non si fa illusioni: «Di fronte al segretario c`è una minoranza che gli resta alternativa». Soltanto su un punto è del tutto serena: «Finalmente la maggioranza del partito ha capito che i numeri non bastano, sono importanti le idee». Eccola Lo Moro, donna di legge e magistrato, calabrese di origini, ma anche di temperamento: a lei probabilmente non sarebbe sbagliato attribuire il titolo della pasionaria del Nuovo Senato. Basti ricordare che solo nove giorni fu la più agguerrita della minoranza Dem e fu proprio lei a mandare a carte quarantotto il tavolo tecnico del Pd sulle riforme. «Questa riunione – disse – non ha senso. Perché noi stavamo qui a discutere e a trattare di articolo due ma il premier ha dichiarato che quell`articolo non si tocca e non si tratta. Dunque questa riunione non serve più perché Renzi non vuole dialogare. Non sono io che me ne vado, ma è questa riunione a non avere senso. Arrivederci». Da allora sono trascorsi nove giorni, al termine dei quali la faticosa intesa è stata raggiunta. Ha avuto ragione lei.
Senatrice, è soddisfatta?
«Sicuro. Come si fa a non esserlo, quando in gioco c`è l`unità del partito?».
Ma per voi il nodo dell`elettività era davvero così importante?
«Sì, non a caso ne abbiamo fatto la nostra battaglia principale. Avremmo potuto focalizzare l`attenzione su altri aspetti: ad esempio sulle funzioni, sulle garanzie. Ma abbiamo preferito concentrarci su questo punto, perché sapevamo che era la cosa giusta».
Dunque, tutto bene. No?
«In verità da ‘tecnica’ ho un po` sofferto».
Perché?
«Perché nella modifica dell`emendamento, nell`utilizzo dei termini designare e ratificare, in realtà si poteva essere più chiari».
Che fa? Spacca il capello?
 «No, però si poteva fare di più».
 In che modo?
«Mi spiego. Si è raggiunto un compromesso politico intorno ad un principio importante, che è quello di lasciare ai cittadini la scelta dei senatori. Però io non posso non rilevare nell`uso del linguaggio la mancanza di linearità e concisione, che invece amo e apprezzo nella Costituzione del mio Paese».
Torniamo all`aspetto politico: nella dialettica interna ai Democratici è cambiato qualcosa per sempre?
«E stata un`esperienza proficua. Il risultato dell`unità del partito è stato raggiunto. Ma la sostanza non cambia molto: da una parte c`è il segretario, dall`altra una minoranza che per tendenza si pone in alternativa. Tant`è vero che il confronto con i renziani andrà avanti anche sulla legge di stabilità, per conferirle più elementi di sinistra… Certo questa intesa rappresenta un punto importante. Ora naturalmente in tanti di noi è vivo un senso di utilità, per la battaglia portata avanti. Anche perché ad un certo punto lo scontro sembrava poter avere conseguenze drammatiche nel Pd».
Addirittura?
«Eh, sì. Per noi dare all`elettore la libertà di scelta non era uno slogan. A maggior ragione dopo l`approvazione dell`Italicum, che ancora lascia un margine di ‘nominati’ alla Camera».
Spacca il capello anche qui?
«No, no: comunque è un punto di mediazione soddisfacente, è un`importante passo in avanti».
Il ddl costituzionale ora è in discesa per voi?
«In realtà sul tavolo ci sono ancora importanti nodi».
Quali?
«Resta da risolvere il problema relativo alla platea chiamata ad eleggere il presidente della Repubblica. Ci sono poi le modifiche che vogliamo apportare sui referendum propositivi».
L`ostruzionismo della Lega la preoccupa?
«Chissà, magari Calderoli ci ripensa».
Ora il presidente Grasso cosa farà? Si farà garante dell`accordo Renzi-Bersani?
«Staremo a vedere».