“Ho presentato un’interrogazione ai Ministri della giustizia e dell’interno per chiedere ‘se il Governo intenda destinare in via prioritaria gli immobili idonei ad uso abitativo sequestrati e confiscati alle mafie per affidarli ai soggetti svantaggiati e senza dimora’”. Lo scrive il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia, sul suo blog www.giuseppelumia.it.

“Appare del tutto opportuno – si legge nel dispositivo –, in questo momento di grave crisi economica, coniugare un rilancio della gestione dei beni confiscati alle mafie anche con i bisogni di quelle persone che si trovano in condizioni di vera indigenza. Tra gli edifici disponibili ce ne sono tanti che potrebbero essere immediatamente assegnati a fini abitativi. Si riutilizzerebbero così in poco tempo molti immobili confiscati dando una risposta concreta ai cittadini più poveri”.

Di seguito testo interrogazione
Atto n. 3-01585

Pubblicato il 21 gennaio 2015, nella seduta n.
381

 Al
Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell’interno e della
giustizia. –

Premesso che:


lo Stato italiano ha a disposizione un’enorme
patrimonio di beni confiscati ai boss
mafiosi. Numeri alla mano, secondo i dati contenuti nella relazione del
dottor Roberto Garofoli, presidente della ‘Commissione per l’elaborazione di
proposte per la lotta, anche patrimoniale, alla criminalità organizzata’, del 23
gennaio 2014, il totale dei beni confiscati è di 11.238 beni immobili e 1.708
aziende. Una cifra in costante aumento: è sufficiente leggere i giornali per
sapere che la magistratura e le forze dell’ordine eseguono quasi giornalmente
sequestri e confische per decine di milioni di euro;


un’inchiesta realizzata da ‘Dataninja’ in
collaborazione con i quotidiani locali sugli open data forniti dall’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalità organizzata (ANBSC) ha presentato un quadro chiaro ed esauriente
della situazione dei beni confiscati, che però fa forzatamente riferimento a
dati ormai risalenti nel tempo, poiché l’Agenzia non ha ancora completato un
proprio sistema di rilevamento;


sul piano territoriale la maggior parte di questi
beni, per l’esattezza l’89,3 per cento, si trova dislocato nelle principali
regioni a maggiore incidenza criminale, ovvero Sicilia, Campania, Calabria,
Lombardia e Puglia. La presenza della Lombardia dice, se ancora ce ne fosse
bisogno, che le mafie da tempo hanno spostato i loro interessi nelle altre
regioni d’Italia, ed in particolare in quelle più ricche;


volendo fare una stima economica, il valore dei
beni confiscati si aggira attorno ai 10 miliardi di euro. Anche questa cifra è
destinata a lievitare sensibilmente;


purtroppo soltanto una piccola percentuale di
questi beni immobili ed aziende viene riutilizzato a fini sociali e produttivi,
secondo lo spirito della legge n. 109 del 1996, una norma elaborata in sede
parlamentare e sostenuta dalla straordinaria mobilitazione della società civile
italiana guidata dall’associazione ‘Libera’ e che affonda le sue radici nella
legge sul sequestro e la confisca dei patrimoni dei boss mafiosi voluta da Pio La Torre;


sono davvero pochi, nell’ordine di qualche
centinaio, i beni che vengono restituiti alla collettività. Mentre sono poche
decine le aziende che dopo il sequestro e la confisca riescono a sopravvivere
mettendo in seria crisi la credibilità di una lotta alla mafia basata sulla
promozione dei diritti e del lavoro e sul moderno rapporto legalità e sviluppo.
Come si legge nella relazione del dottor Garofoli, il 90 per cento delle aziende
‘perviene in stato di decozione al momento della confisca definitiva, con grave
dispersione di occasioni di rilancio economico e di possibili introiti
erariali’. Una situazione che sta leggermente migliorando grazie ad una gestione
sempre più attenta e mirata della fase del sequestro, ma che ancora ha bisogno
di una qualità sempre più alta nella gestione manageriale delle aziende;


le cause di tutto ciò sono molteplici. Tra le
tante, una le riassume tutte: la farraginosità e la lentezza delle procedure
burocratiche nelle diverse fasi che vanno dal sequestro alla confisca fino
all’assegnazione. Durante questo percorso, infatti, il bene si trasforma da
opportunità di crescita per il territorio ad un vero e proprio peso per lo
Stato;


va sottolineato, inoltre, che nel patrimonio
confiscato ai boss rientrano anche
ingenti somme di denaro che confluiscono nel Fondo unico giustizia del Ministero
della giustizia. Risorse anch’esse in parte non utilizzate e che potrebbero
essere spese per la riqualificazione degli immobili ed il risanamento delle
aziende;


si tratta a giudizio dell’interrogante di uno
spreco da qualsiasi punto di vista lo si osservi: economico, perché un Paese in
crisi come l’Italia non può permettersi il lusso di buttare al vento questo
enorme patrimonio; etico, per l’enorme sacrificio in termini di vite umane nella
lotta alle mafie e per gli sforzi della magistratura e degli uomini delle forze
dell’ordine nell’attività di sequestro e confisca dei beni ai boss; culturale, perché ogni bene abbandonato
e ogni azienda fallita segna un duro colpo per la cultura della legalità, mentre
la cultura mafiosa ne esce rafforzata;


i beni confiscati alle mafie sono, quindi, una
grande opportunità da sfruttare al meglio, soprattutto in un periodo difficile
come quello attuale. Mentre un’impresa in sofferenza non riesce a pagare
l’affitto dei locali, ci sono capannoni confiscati completamente abbandonati.
Mentre una famiglia viene sfrattata perché non riesce a pagare l’affitto, ci
sono decine di abitazioni confiscate inutilizzate;


appare del tutto opportuno, in questo momento di
grave crisi economica, coniugare un rilancio della gestione dei beni confiscati
alle mafie anche con i bisogni di quelle persone che si trovano in condizioni di
vera indigenza. Tra gli edifici disponibili ce ne sono tanti che potrebbero
essere immediatamente assegnati a fini abitativi. Si riutilizzerebbero così in
poco tempo molti immobili confiscati, dando una risposta concreta ai cittadini
più poveri;


lo stesso prefetto per l’Agenzia nazionale dei
beni confiscati, Umberto Postiglione, ha più volte manifestato l’intenzione di
destinare gli oltre 1.000 immobili confiscati in Sicilia all’emergenza abitativa
che colpisce le grandi città, in particolare Palermo, riutilizzandoli dunque
come appartamenti da assegnare alle famiglie che non possono permettersi una
casa, rafforzando così buone prassi già avviate in alcune città. Iniziativa
condivisa da molti settori della società civile, come il Centro siciliano di
documentazione ‘Giuseppe Impastato’, e rilanciata dal ‘Giornale di Sicilia’, che
ha avviato una campagna di promozione, significativa ed efficace, intorno
all’assegnazione di immobili dei boss
mafiosi ai ‘senzatetto’ e poveri privi di reddito e di propria
dimora;


in sede di Commissione d’inchiesta sul fenomeno
delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere è stato fatto
un grande lavoro con lo svolgimento di diverse audizioni, con l’elaborazione di
tutti i dati in possesso dell’ANBSC e con l’approvazione di una relazione, il 9
aprile 2014 (Doc. XXIII, n. 1), dedicata alle prospettive di riforma del
sistema. Tale relazione è un atto di indirizzo per tutte le istituzioni dello
Stato e una buona base di partenza per avviare un confronto con gli operatori
del settore, al fine di trovare in Parlamento le soluzioni più appropriare per
invertire il trend nella gestione dei
beni confiscati,


si chiede di sapere:


se i Ministri in indirizzo abbiano piena
cognizione della situazione in cui versano i beni confiscati nel nostro Paese e
delle ricadute che una loro gestione moderna ed efficace potrebbe avere per lo
sviluppo e la crescita dei territori;


se il Governo intenda istituire un tavolo di
concertazione interistituzionale tra Ministeri competenti, Commissione
parlamentare d’inchiesta, ANBSC e operatori antimafia per discutere, sulla base
della relazione approvata dalla stessa Commissione, un piano di provvedimenti
legislativi e amministrativi in grado di consentire un salto di qualità nella
gestione dei beni confiscati;


se intenda destinare in via prioritaria gli
immobili idonei ad uso abitativo sequestrati e confiscati alle mafie per
affidarli ai soggetti svantaggiati e senza dimora, mettendoli così nelle
condizioni di avere un tetto dignitoso e aver riconosciuto un diritto che rimane
fondamentale e decisivo per qualificare positivamente una democrazia e una
società e dare così alla lotta alla mafia un alto valore nella promozione dei
diritti di cittadinanza, soprattutto per chi versa in condizioni di estrema
marginalità.


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