Signor Presidente, colleghi, ci apprestiamo a votare questo disegno di legge, che la Camera ha varato ed il Senato ha corretto. Ci troviamo ora in terza lettura, cercando di dare un’ulteriore risposta alla sfida delle sfide: fare in modo che il nostro sistema carcerario sia in grado di rispondere alle due domande che per i cittadini non sono tra loro in contraddizione, ma che nella politica – ahimè – vivono invece un eterno ed ormai lungo e rovinoso conflitto.

Mi riferisco alla dimensione delle garanzie e alla dimensione della sicurezza. In un Paese moderno, avanzato, civile, a democrazia matura, sicurezza e garanzie devono procedere insieme: squilibrare queste due dimensioni non va bene. L’Italia, l’italietta ha saputo fare anche questo.

In questi mesi, grazie all’azione del Governo e della maggioranza, grazie anche ad un dialogo serrato e forte con l’opposizione, abbiamo cercato di dare una risposta al sovraffollamento carcerario in grado di tenere insieme garanzia e sicurezza. Per la prima volta, non c’è conflitto; per la prima volta, si cerca di tenerle insieme e di fare in modo che ciò sia produttivo per il nostro Paese, per far sì che esso non sia più il fanalino di coda, sottoposto a procedure di infrazione da parte dell’Europa, sottoposto alla derisione e ad un giudizio severo sia nel campo dei diritti umani che in quello della tutela della sicurezza, ad esempio con l’aggiramento continuo del 41-bis da parte delle organizzazioni mafiose.

Colleghi, ricordo a tutti che partivamo da una situazione veramente preoccupante e drammatica. A marzo 2013, il totale dei detenuti presenti nel nostro sistema carcerario era pari a 65.831 detenuti. Oggi, nel marzo 2015, dopo interventi strutturali e non emergenziali, ci troviamo di fronte ad una popolazione carceraria di 54.122 detenuti. Questo è un risultato che il nostro Paese raggiunge per la prima volta (ben 11.000 detenuti in meno), senza ricorrere né all’amnistia, né all’indulto e senza fare i pastrocchi che l’italietta sapeva fare (ad esempio quello dell’indultino). Per la prima volta non si è imboccata questa strada e si sono ottenuti risultati permanenti e duraturi.

Questo risultato non ha messo in pericolo la sicurezza del Paese e non ha creato quello che molti paventavano stracciandosi le vesti e gridando «al lupo!», cioè che il nostro Paese sarebbe stato invaso da un aumento dell’indice di criminalità. Tutto questo è stato fatto con un lavoro misurato e progettuale, in grado finalmente di tenere insieme – come dicevo all’inizio – sicurezza e garanzie.

Abbiamo poi anche un altro problema nell’ambito del sovraffollamento, quello della custodia cautelare. Il nostro Paese spicca anche per questo dato negativo: la custodia cautelare non era l’eccezione, ma via via nell’Italietta stava diventando la regola. Ricordo a tutti che nel marzo 2013 ci trovavamo di fronte a ben 24.824 detenuti in custodia cautelare per vari motivi. Adesso, nel marzo 2015, secondo il dato reale che ci forniscono il Ministro e il Governo (che ringrazio), ci troviamo di fronte a 18.696 detenuti. Anche qui c’è stato un notevole abbattimento legato all’effetto di quei provvedimenti che sono stati prima richiamati, attraverso un combinato disposto di varie misure: si è trattato quindi di un abbattimento vero.

Ma 18.696 è ancora un numero elevato; ecco allora l’intervento di oggi, che ci apprestiamo ad approvare. La custodia cautelare non diventa più la prima misura, ma diventa una misura rigorosa e misurata realmente da un lato con la gravità dei reati e, dall’altro, con una condizione necessaria e indispensabile di cui il nostro sistema di sicurezza non può fare a meno. Non diventa quindi una misura presa indifferentemente, il rifugio attraverso cui il magistrato prende una decisione senza valutarla bene, senza qualificarla bene e senza motivarla bene.

Ricordo a tutti i colleghi che, ai sensi dell’articolo 274 del codice di procedura penale, la custodia cautelare normalmente nel nostro Paese si attua in relazione al pericolo di fuga, al pericolo di reiterazione del reato o al pericolo di inquinamento delle prove. In questo ultimo caso, già adesso la norma prevede che questo pericolo debba essere attuale, quindi non un pericolo generico che cammina con il tipo di reato. Abbiamo voluto prevedere che anche per il pericolo di fuga, come per la reiterazione del reato debba esserci un’attualità concreta e debbano essere motivati. In questo senso, la scelta che il relatore ha spiegato in diversi interventi qualifica e mette insieme sia la domanda di garanzie sia la richiesta di sicurezza ed evita il bisticcio tra queste due fondamentali condizioni di una democrazia avanzata. Cari colleghi, penso che questa sia una scelta indovinata e qualificante.

Ce n’è stata un’altra che è stata valutata bene ed è fondamentale: quali sono i reati per cui è necessario attuare l’obbligatorietà della custodia cautelare? Normalmente sono quelli che via via stiamo provando a descrivere sotto la lezione storica che Falcone ci ha consegnato, che è quella del doppio binario: i reati di sovversione, di terrorismo e quelli di mafia. Per questi tipi di reati la domanda di sicurezza è forte e qualificante e quindi c’è obbligatorietà della custodia cautelare. Per gli altri reati, alcuni dei quali altrettanto gravi, resta la facoltà del magistrato di prevedere l’obbligatorietà. Pensiamo, ad esempio, al reato previsto dall’articolo 416-ter del codice penale, che in prima lettura alla Camera avevamo inserito nel novero dei reati per cui è prevista obbligatorietà della custodia cautelare, ma, grazie al combinato disposto, cari colleghi, tra le sentenze della Corte costituzionale e l’opzione che il magistrato ha sempre di prevedere, oggi, in via normativa l’obbligatorietà, c’è sempre la facoltà del magistrato di valutare e quindi di mettersi in condizione di rispettare e mettere in equilibrio sicurezza e garanzia. Quindi, anche in questo caso nessuna via di fuga per chi pensa di poter utilizzare alcuni tipi di reati per non incorrere nel rigore della legge.

Queste sono le scelte di fondo che sono state previste all’interno di un disegno di legge che prevede molti interventi e voglio qui rivolgermi al Vice Ministro per incoraggiarlo ad andare avanti. Abbiamo scelto la via della depenalizzazione: una via moderna e avanzata che il nostro Paese aspettava da venti, trent’anni; la via della messa alla prova, la via di ammodernare il nostro sistema carcerario. Dobbiamo continuare su questa strada senza ledere i diritti di un Paese, diritto di nuova generazione e diritto moderno e avanzato che è quello della sicurezza. È una strada che dobbiamo continuare a seguire e che penso ci darà buoni frutti. I dati ci confortano e anche il provvedimento su cui il Partito Democratico dice sì va in questa direzione.


Ne Parlano