“Per la prima volta le carceri
minorili sono alle prese con il sovraffollamento: non era
mai accaduto. Le norme del decreto Caivano, approvato lo
scorso anno, hanno stravolto il sistema della giustizia
minorile che e’ considerato da molti anni un modello a
livello europeo. Purtroppo, le nuove norme hanno cambiato
l’approccio, passando dalla rieducazione alla esclusiva
punizione. Un errore molto grave: chiudere in carcere i
minori, spesso fragili e provenienti da contesti di
sofferenza e abbandono, senza spazi adeguati, senza
educatori in numero sufficiente per la costruzione di un
progetto educativo, senza il personale formato per
accoglierli e sostenere i loro percorsi, distrugge la
possibilita’ di qualsiasi opportunita’ di recupero e
reinserimento del minore perche’ mancano le comunita’ sui
territori. Siamo molto preoccupati”. Lo scrive in una nota,
Simona Malpezzi (Pd), vicepresidente della commissione
bicamerale infanzia e adolescenza, commentato l’ultimo
dossier dell’associazione Antigone. “Tra l’altro – aggiunge
Malpezzi -, il decreto Caivano ha anche favorito il
trasferimento dei giovani adulti nelle carceri ordinarie,
interrompendo percorsi educativi avviati. Si tratta, spesso,
di ragazzi vulnerabili che sono costretti ad allontanarsi da
luoghi dove hanno costruito legami. Scelte che rischiano di
creare un clima esplosivo con un incremento degli atti di
protesta all’interno delle carceri. Sono molti mesi che
denunciamo lo stato degli istituti penali per minorenni. Se
l’articolo 27 della Costituzione stabilisce che il tempo
della pena deve essere il tempo della rieducazione, come
possiamo pensare che ragazzi in quelle condizioni possano
essere aiutati a rieducarsi? Oggi – prosegue la
vicepresidente della commissione bicamerale infanzia e
adolescenza – serve personale messo nella condizione di
formarsi e percorsi educativi all’altezza delle esigenze di
reinserimento. Serve un modello educativo che possa essere
valido al di fuori delle carceri, per far conoscere a quei
ragazzi un mondo che loro non hanno ancora intercettato,
spesso, in ragione del luogo e della famiglia di origine. Se
questo governo, al posto di parlare di pene, non inizia a
parlare, una volta per tutte, anche di prevenzione e di un
tessuto sociale sul quale investire consegnera’ i giovani a
un futuro di disperazione e a una crescente insicurezza
diffusa. Non mi stanchero’ mai di ripeterlo: non esistono
ragazzi cattivi, come dice sempre don Claudio Burgio,
cappellano del Beccaria”, conclude.


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