‘Love is love’: così Obama, su twitter, a commento della sentenza sul caso United States versus Windsor.
O, per passare dal Presidente degli Stati Uniti a Fabrizio De Andrè, «l`amore ha l`amore come solo argomento». In altre parole, il chi e il come non sono e non devono essere la questione più rilevante, e tanto meno costituire un ostacolo, quando vi sia un legame amoroso. Ne discende che, secondo la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, il matrimonio non è un istituto destinato a sancire esclusivamente il rapporto fra uomo e donna. Insomma, la Corte afferma che la terza parte del Defense of Marriage Act legge federale che dal 1996 ha attribuito lo statuto di matrimonio solo all`unione fra individui di sesso differente, è incostituzionale. Devono essere riconosciuti, di conseguenza, anche alle unioni omosessuali i benefici federali (tributari, sanitari e pensionistici), di cui godono attualmente le sole coppie composte da un uomo e una donna. Fatto assai importante, e decisamente risolutivo, è che abbia votato in favore dell`abrogazione di quella norma discriminatoria il repubblicano Anthony Kennedy, che ha unito il proprio voto a quello dei quattro giudici liberal, differenziandosi dal presidente John Roberts e dagli altri colleghi di ispirazione repubblicana. La Corte doveva decidere a proposito di due ricorsi (United States versus Windsor e Hollingworth versus Perry), al fine di verificare se il Defense of Marriage Act violasse il principio di eguaglianza sancito dal testo costituzionale. La risposta è stata affermativa: la legge federale in questione viola il principio di parità tra i cittadini. E non solo sul piano generale e astratto delle affermazioni di valore e dei capisaldi fondativi dei sistemi democratici, bensì anche su quello concreto delle politiche pubbliche. Secondo il testo costituzionale, ogni volta che l`esecutivo impone un obbligo o concede dei benefici – in questo caso le prerogative delle coppie eterosessuali – non deve negare a nessuno la «equal protection», ovvero una tutela eguale. Pertanto, la sentenza della Corte rappresenta «un passo decisivo verso l`uguaglianza», per riprendere le parole di Obama, che applaude l`abrogazione di una norma che «trattava coppie gay innamorate e impegnate come cittadini di serie B». Se fosse ancora necessario (e visti il sollievo e il consenso con cui la decisione è stata accolta, lo è eccome), è stata ulteriormente confermata l`idea secondo cui l`uguaglianza si gioca anche, e soprattutto, nel riconoscimento delle differenze. Lo spazio dei diritti è, dunque, quello che più efficacemente può assicurare parità di condizioni e di garanzie a soggetti differenti per identità e per stili di vita, per disponibilità di risorse e capacità sociali. Non è un caso che nell`argomentare la storica decisione la Corte abbia richiamato il Quinto Emendamento, relativo, tra l`altro, alla difesa delle libertà individuali perché, evidentemente, attribuire trattamenti differenti a situazioni analoghe corrisponde a un deficit di «libertà eque» (ancora Obama). Una nitida «lezione americana». Sapremo coglierla in Italia?

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