L o confesso: voglio abbastanza bene (bene è forse un po` troppo, ma capiamoci) a Ernesto Galli della Loggia e a Giuliano Ferrara. Al primo perché è persona assai cortese, e per altri motivi minori; al secondo perché è persona assai scortese, e questa non è la sua sola dote. Proprio per tali ragioni, due articoli a loro firma mi hanno fatto uscire dai gangheri. Due articoli che, pur diversissimi in apparenza, richiamano un`unica grande questione di etica pubblica. Galli della Loggia in un fondo sul Corriere della Sera (28 luglio scorso) depreca l`indifferenza che accompagna il perpetuarsi di persecuzioni e stragi ai danni di cristiani, in particolare nei paesi islamici. Tra le cause fondamentali di questa insensibilità, secondo Galli della Loggia, ci sarebbe il fatto che ‘dei cristiani e della loro religione all`Europa attuale importa sempre meno’. E ‘si può essere certi che ogni intervento a loro favore sarebbe subito giudicato inammissibile, e indebitamente discriminatorio’. Alla radice di ciò, tra l`altro, ci sarebbe un processo che da tempo avrebbe reso l`essere e il ‘dirsi cristiani’, oltre che non più intellettualmente apprezzato, ‘in molti ambienti quasi… non più accettabile’. Devo dire in tutta franchezza che, se condivido interamente la rappresentazione che Galli della Loggia fa delle persecuzioni in atto contro i cristiani, trovo alcune delle ragioni addotte per spiegare quella ‘voluta distrazione’ (cardinale Angelo Bagnasco) non solo logore ma così elementari e stereotipate da risultare puerili. Chiedo scusa per tanta brutalità, ma quando leggo che, secondo Galli della Loggia, ‘il Cristianesimo spesso comporta a danno di chi lo pratica una sorta di tacita ma sostanziale messa al bando’ mi chiedo: ma che razza di ambienti e che razza di gente frequenta Galli della Loggia? Viviamo in una società culturale dove alcuni tra i più autorevoli opinion maker sono dichiaratamente cristiani: Vito Mancuso e Gianfranco Ravasi (l`uno, diciamo così, di sinistra e l`altro, diciamo così, di centro), per limitarci ai più noti. E, d`altra parte, chi sono gli amici e i conoscenti di Ferrara che ‘voltano le spalle di fronte al fenomeno dell`esclusione di bambini down o semplicemente non-biondi nella linea di produzione à la carte?’. Fuori i nomi. Chi sono questi tipacci? Forse quelli che noi di sinistra chiamiamo ‘liberisti selvaggi’? O sono gli erodisti-leninisti? O i friedmaniani di ultima (de)generazione? Guardiamo piuttosto alla sostanza. Galli della Loggia ha ragione praticamente su tutto. Ma, allo stesso tempo, ha torto praticamente su tutto. Perché – e il mio non è un paradosso l`intero ragionamento, così preciso e così precisamente articolato, poggia, malfermo, su una colossale omissione. Una omissione che non si limita a rendere parziale il discorso, ma che arriva a de-legittimarlo. La sua asimmetria, infatti, lo rende stridulo e, alla resa dei conti, irricevibile. Il motivo è semplice. L`indifferenza, se c`è (e per molti versi c`è), non riguarda quell`universo particolare di vittime (i cristiani), bensì tutte le vittime (del mondo). E` vero che ‘a decine e decine i cristiani vengono bruciati vivi o ammazzati nelle chiese dell`India, del Pakistan, dell`Egitto, della Nigeria’: ma come non vedere che, se in quella frase cancellassimo la parola ‘cristiani’, la situazione descritta potrebbe essere moltiplicata per mille, coinvolgere altre decine di regioni del pianeta e riguardare centinaia di migliaia di esseri umani? Ebbene, nei confronti degli uccisi e dei perseguitati professanti altre religioni o nessuna religione, non si manifestano forse ‘qui in Europa e in occidente’ proprio quegli stessi sentimenti di ‘indifferenza’ e di ‘inazione’? E se questo è vero, com`è vero, le argomentazioni di Galli della Loggia risultano fatalmente fragili. Quelle argomentazioni, cioè, che attribuiscono la sordità verso le stragi di cristiani principalmente a ‘un`Europa pervasa dalla secolarizzazione’, dove le ‘fonti spirituali si vanno rapidamente inaridendo’. A questa medesima conclusione arriva, attraverso un suo particolare percorso, Giuliano Ferrara, mettendo a confronto il presunto eccesso di interesse ‘a favore dei bambini di Gaza’ con l`oblio nei confronti della ‘selezione per sesso dei bambini nascituri’ (il Foglio, 28 luglio 2014).
 La lezione della cultura cristiana
Anche Ferrara denuncia la ‘voluta distrazione’ verso le ‘sue’ vittime, resa ancora più dolorosa dalla particolare attenzione che sarebbe riservata, invece, alle vittime ‘degli altri’. E Ferrara concorda con Galli della Loggia nell`individuazione delle cause profonde di tutto ciò. In estrema sintesi: l`esaurirsi di ogni umanesimo, dovuto alla scristianizzazione dell`occidente. Partendo da questo assunto si finisce fatalmente nell`identificare il ‘cristiano’ (la religione, chi la professa, l`esperienza di fede) con il paradigma della vittima. Ma l`errore è proprio qui: la vittima non è il cristiano, bensì – palesemente l`essere umano. E` questo a porre oggi come centrale nel mondo la questione della tutela dei diritti fondamentali della persona. E a insegnarcelo è proprio la cultura cristiana: sulla croce c`è un Dio, che è allo stesso tempo un uomo, trafitto nella sua corporeità, sanguinante e lacerato nella carne, spogliato di ogni simbolo (non solo di potere, ma anche di identità). Ciò che resta del Dio è un uomo nudo e inerme: il ‘sacro’ per eccellenza. L`intangibile viene sacrificato: esistenza uccidibile di fronte a una potestà sulla vita e sulla morte. Il corpo sempre sacro dei cristiani in Nigeria e dei bambini di Gaza è esposto allo stesso bando (questo sì) subito dai perseguitati di tutto il pianeta. Non si tratta, dunque, di riconoscere empaticamente la vittima più vicina per cultura, tradizione, religione: si tratta di vedere la persecuzione, di condannarla e, se si può, di contrastarla, ovunque e verso chiunque si manifesti. E anche questo è tra i lasciti della cultura cristiana, che ha fondato leggi fuori dalla legge di un potere monolitico. E che con la fede in un Dio ‘servo di Dio’ ha rivendicato la dignità di tutti gli infimi.
 Ps. Gli articoli di Galli della Loggia e di Ferrara sollecitano ancora due domande e una riflessione autocritica, che qui non posso affrontare per ragioni di spazio. Prima domanda: ma non avvertite il rischio dí ridurre il cristianesimo a un paradigma vittimario? Seconda: ma non avvertite il rischio di ridurre il cristianesimo alla comunità dei cristiani? Forse proprio qui sta la distanza tra le riflessioni di Galli della Loggia e di Ferrara e la teologia e la pastorale di Papa Francesco. Infine, sono io a dovermi porre un quesito: è vero o non è vero che è forte e insidioso il rischio di una retorica e di una ideologia dei diritti umani? E` vero.

Ne Parlano