Secondo autorevoli giuristi nelle carceri italiane non dovrebbe esserci nessuno. Qualsiasi pena, infatti, sarebbe erosa e resa inapplicata prima dai benefici legati allo svolgimento del processo e, poi, dai benefici penitenziari.
Magari di mezzo ci si mette anche qualche condono straordinario e il gioco è fatto: può accadere così che un uomo condannato a 24 anni di reclusione arrivi a scontarne si e no un paio. Davvero impressionante, se fosse vero. Ma non lo è. Il problema di tali giuristi è che confondono il mondo delle norme con la realtà, e traggono conseguenze certe da previsioni normative solo probabili. Un esempio, tanto per chiarirci: se tutto fosse necessariamente conseguente, se le misure alternative alla detenzione fossero un diritto dei condannati, il carcere non presenterebbe quel sovraffollamento che è sotto gli occhi di tutti. E, infatti, tutti i condannati con una pena residua inferiore ai tre anni, dovrebbero trovarsi in affidamento in prova al servizio sociale. E invece, a131 dicembre del 2013, erano detenuti – e restavano e press`a poco continuano a restare tali – 22.648 condannati con una pena residua inferiore ai tre anni: in un carcere, dietro le mura di un carcere, dentro le celle di un carcere e non in esecuzione penale esterna. Senza quei detenuti che, secondo la previsione di legge, sarebbero dovuti essere fuori, a fine 2013 il sistema penitenziario italiano avrebbe accolto 39.888 persone. Più o meno quanti sono i posti disponibili, più o meno quanti vi si trovavano quando fu approvato l`indulto del 2006. Purtroppo non è così. Nel nostro ordinamento, infatti, non è previsto alcun automatismo nell`accesso alle alternative, così come non è previsto alcun automatismo nella concessione di altri benefici penitenziari o processuali. Tanto che anche il condannato più celebre d`Italia, che ha certamente tutti i requisiti di status per accedere all`affidamento in prova non è ancora certo di poterlo fare ed è, come si dice, sub iudice. È il giudice, infatti, che decide se un condannato possa godere di sanzioni alternative. E, come si è detto, non una, bensì 22.648 persone a fine dicembre dello scorso anno, pur trovandosi nelle condizioni che ne avrebbero consentito la scarcerazione, erano ordinariamente detenute.
Credo che questa macroscopica e drammatica scissione tra la realtà della miseria carceraria e l`idea astratta che molti ne coltivano sia sufficiente a considerare sotto un profilo strettamente pragmatico le buone ragioni del decreto. E a chiedersi cos` altro sarebbe necessario per risolvere il problema delle condizione disumane delle nostre carceri.
Attraverso il potenziamento delle misure alternative alla detenzione il Governo ha fatto un passo avanti verso un sistema penitenziario moderno: solo in Italia il carcere continua ad avere questa assoluta preponderanza all`interno del ventaglio delle pene applicabili. In tutti i Paesi paragonabili al nostro per dimensioni, grado di sviluppo, cultura giuridica, il carcere è riservato a una minoranza delle persone in esecuzione di pena. Potenziare le alternative significa rimediare al sovraffollamento con misure strutturali che possano condurre alla cella come extrema ratio, secondo quanto scriveva il Cardinale Carlo Maria Martini. Ma il decreto non si limita a questo: per la prima volta dopo molti anni il Governo affronta il problema della legge sulle droghe che, in Italia come altrove, è all`origine di un gran numero di ingressi in carcere. Non è ancora una compiuta de -criminalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti, ma si procede nella giusta direzione.
Infine, sull` efficacia del provvedimento. Sono convinto che que- sto decreto potrà dare un significativo contributo alla riduzione della popolazione detenuta, ma – come il Ministro Cancellieri e con la stessa schiettezza – posso dire di sapere che non sarà risolutivo. Sono convinto, così come lo è il Presidente della Repubblica, che la grave situazione penitenziaria si risolve attraverso le riforme strutturali che il Parlamento sta esaminando (messa alla prova e alternative, riforma delle leggi sulla droga, riforma della custodia cautelare, per citare tutte quelle all`ordine del giorno), ma anche attraverso l`adozione di un provvedimento straordinario di clemenza (amnistia e indulto) che produca immediatamente i suoi effetti e consenta alle riforme strutturali di prendere il largo senza il peso, ormai abnorme, del sovraffollamento delle celle e del sovraccarico dei tribunali. Non so se ciò sarà possibile, se in Parlamento potrà esserci una adeguata maggioranza di donne e uomini liberi decisi a intervenire prima che scada il termine posto dalla Corte europea dei diritti umani: ma questa è la responsabilità richiesta oggi alla politica.

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