Garantismo uno. L`unico Barone verso il quale ho provato sentimenti di devozione è stato Franco Causio, in particolare lungo la magica sequenza che va dallo scudetto del 1972 alla Coppa del mondo del 1982. Capirete, dunque, la mia ritrosia ad accogliere la sollecitazione del senatore e barone (soi-disant: si tratta di un secondogenito, infatti) Luigi Compagna, a proposito della condizione giudiziaria di Nicola Cosentino. Va da sé che, per ragioni tanto evidenti da non richiedere alcuna spiegazione, Cosentino è persona da me, per così dire, non particolarmente amata. Ciò motiva il ritardo colpevole della mia reazione e, allo stesso tempo, il mio apprezzamento per quanto disposto recentemente dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Quest`ultimo, dopo quattro mesi e mezzo di custodia cautelare, ha inviato l`ex sottosegretario del Pdl agli arresti domiciliari, sulla base del significativo ridimensionamento del quadro indiziario a carico di Cosentino, operato dalla Corte di Cassazione. Questa, infatti, ha dichiarato ‘carente’ la verifica ‘concreta e attuale’ sulle reali capacità dell`indagato ‘di reiterare i reati che gli sono contestati’. Pertanto, qui non vengono discusse in alcun modo – ma perché doverlo ripetere ogni volta? – né la consistenza delle accuse né l`opportunità di misure di controllo sull`accusato: si contesta, piuttosto, la necessità, e di conseguenza l`opportunità, della reclusione in cella. Su questo, la Cassazione è chiarissima: l`indispensabilità del ricorso al carcere deve essere motivata non solo con argomenti attuali, ma anche con circostanziate e dettagliate argomentazioni, che facciano riferimento a condizioni oggettive (verrebbe da dire: materiali). Nel valutare, pertanto, la necessità della custodia in cella per Cosentino, non può essere ignorato il fatto che lo stesso ‘a seguito delle indagini a suo carico, ha `perso` tutti gli incarichi istituzionali e politici, cioè proprio quegli incarichi ai quali si sono riferite le ordinanze cautelari’.
 Garantismo due. Tanta accurata e meticolosa attenzione alla concretezza delle circostanze che dovrebbero motivare i provvedimenti di privazione della libertà, lo sappiamo, non è moneta corrente. Non lo è stata, per esempio, la scorsa settimana, quando il Senato ha approvato il decreto cosiddetto ‘svuotacarceri’ (che, ovviamente e purtroppo, non svuota un bel niente). Si tratta di un primo passo nella giusta direzione, ma non adeguato in alcun modo a ridurre in misura significativa il sovraffollamento penitenziario. Un esempio solo. Un`anomala maggioranza (Pdl, Cinque stelle, Lega) – altro che larghe intese – ha ottenuto il ritiro di un modesto e sacrosanto emendamento che tendeva a ridurre il ricorso alla custodia cautelare in carcere dei tossicodipendenti e degli alcoldipendenti che stessero seguendo un programma terapeutico. Insomma, l`affiato garantiste della destra è occhiutamente e ferocemente selettivo: e lo scandalo dell`abuso della custodia cautelare in carcere non è più tale se riguarda un tossicomane qualsiasi che per motivi di salute e salvo sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza – sarebbe bene che proseguisse il suo programma terapeutico in libertà: ove non siano disponibili strutture carcerarie idonee al suo svolgimento. Com`era prevedibile, ahinoi, questa battaglia contro una concezione liberale della pena è stata condotta da importanti esponenti del Pdl, con una foga che non ha risparmiato i più triviali argomenti. L`esito è che un decreto ispirato da ottime intenzioni e che pure conserva una sua valenza riformatrice, risulta fortemente limitato da questi e altri pesanti condizionamenti ideologici.
 Garantismo tre. Al Foglio, com`è noto, Emma Bonino sta francamente antipatica. E lo si vede. Nei momenti di maggior successo politico e di più ampio consenso popolare, così come nelle fasi di difficoltà e di sconfitta, il Foglio ha sempre manifestato una legnosa ostilità. Si può comprendere: a questo giornale le donne che fanno politica piacciono quando sono ‘le più maschie’ possibile. Coerentemente, e persino con un pizzico di attenzione e di rispetto ín più, il Foglio ha trattato Emma Bonino anche nella circostanza dell`espulsione dall`Italia di Alma Shalabayeva e di sua figlia. Ma gli altri! Tutti gli altri mezzi di informazione, ma proprio tutti o quasi, e tutti i commentatori, ma proprio tutti o quasi, sono apparsi affetti dalla ‘sindrome dell`encomio scaduto’ (o fuori tempo massimo). La procedura è semplice: si elogia, talvolta entusiasticamente, Bonino per ciò che ha fatto fino all`altroieri, al fine di criticare più violentemente ciò che fa o non fa oggi. Sarebbe persino legittimo se, appunto, di ciò che ha fatto fino all`altroieri, effettivamente, si fossero cantate le lodi. E, invece, non è affatto così: tutti quei commentatori che ora parlano positivamente di Bonino al passato, nel corso di quel passato non le hanno certo reso gli onori meritati. Più spesso, acide contestazioni, accuse di vittimismo e narcisismo, e addirittura sofisticate critiche per la ‘retorica dei diritti umani’. Insomma, ciò cui si assiste in questi giorni – e non e un bello spettacolo – è una sorta di apprezzamento postumo (nei confronti di una donna viva vegeta e vitalissima), di encomio postdatato, di elogio a babbo morto.

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