Meglio inserirli in progetti socialmente utili che prevedano anche una remunerazione
Senatore Luigi Manconi, lei presiede la Commissione per la Tutela dei Diritti Umani. Una circolare del Viminale, che prevede che i richiedenti asilo lavorino come volontari per gli enti locali, ha scatenato parecchie polemiche. Cosa ne pensa?
«Bisogna partire da una incongruenza dell`attuale normativa che vieta ai richiedenti asilo, per i primi sei mesi di attesa del riconoscimento dello status di rifugiato, di svolgere qualunque attivitàlavorativa retribuita. Questo, effettivamente, determina nei profughi una condizione di smarrimento e aggiunge allo stato di obiettiva marginalità e di ansia per l`esito della richiesta, una situazione di vuoto. Non solo: l`inattività viene percepita dai residenti italiani quasi come un`ulteriore colpa, tanto più perché si ignora osi vuole ignorare che si tratta di persone in fuga dagliene etniche e tribali, da persecuzioni di natura religiosa, politica, sessuale e da catastrofi naturali, miseria e carestia. Di conseguenza, l`idea di offrire loro un`attivitàè decisamentepositiva. Ma a questo punto intervengono le perplessità».
Ovvero?
«Non sono convinto che in tutto il territorio nazionale sia possibile garantire l`assoluta volontarietà del lavoro svolto, il fatto cioè che dipenda da una scelta totalmente libera. Temo, in altre parole, che in più di una situazione quel lavoro volontario si presti a essere sfruttato; e che non sia garantita affatto quella condizione molto significativa affermata al punto 4 della circolare, che prevede una qualche attività di formazione. E, ancora, che si tratti effettivamente di un lavoro ‘di pubblica utilità’, come dice la circolare, e indirizzato a uno ‘scopo sociale’, perché è proprio questo che potrebbe favorire una maggiore accoglienza da parte dei residenti e una più equilibrata convivenza. Ma ritengo sia necessario porre un`ulteriore condizione».
Quale?
«Tutto ciò avrebbe un senso se questo volontariato fosse preliminare – mi si dice che al Viminale provvidenzialmente qualcuno la pensa così- all`inserimento dei richiedenti asilo e rifugiati all`interno di progetti di lavori socialmente utili. Dunque, remunerati modestamente e, tuttavia, remunerati. In caso contrario, sì, il rischio della discriminazione è forte».
«Bisogna partire da una incongruenza dell`attuale normativa che vieta ai richiedenti asilo, per i primi sei mesi di attesa del riconoscimento dello status di rifugiato, di svolgere qualunque attivitàlavorativa retribuita. Questo, effettivamente, determina nei profughi una condizione di smarrimento e aggiunge allo stato di obiettiva marginalità e di ansia per l`esito della richiesta, una situazione di vuoto. Non solo: l`inattività viene percepita dai residenti italiani quasi come un`ulteriore colpa, tanto più perché si ignora osi vuole ignorare che si tratta di persone in fuga dagliene etniche e tribali, da persecuzioni di natura religiosa, politica, sessuale e da catastrofi naturali, miseria e carestia. Di conseguenza, l`idea di offrire loro un`attivitàè decisamentepositiva. Ma a questo punto intervengono le perplessità».
Ovvero?
«Non sono convinto che in tutto il territorio nazionale sia possibile garantire l`assoluta volontarietà del lavoro svolto, il fatto cioè che dipenda da una scelta totalmente libera. Temo, in altre parole, che in più di una situazione quel lavoro volontario si presti a essere sfruttato; e che non sia garantita affatto quella condizione molto significativa affermata al punto 4 della circolare, che prevede una qualche attività di formazione. E, ancora, che si tratti effettivamente di un lavoro ‘di pubblica utilità’, come dice la circolare, e indirizzato a uno ‘scopo sociale’, perché è proprio questo che potrebbe favorire una maggiore accoglienza da parte dei residenti e una più equilibrata convivenza. Ma ritengo sia necessario porre un`ulteriore condizione».
Quale?
«Tutto ciò avrebbe un senso se questo volontariato fosse preliminare – mi si dice che al Viminale provvidenzialmente qualcuno la pensa così- all`inserimento dei richiedenti asilo e rifugiati all`interno di progetti di lavori socialmente utili. Dunque, remunerati modestamente e, tuttavia, remunerati. In caso contrario, sì, il rischio della discriminazione è forte».