Caro direttore, cinque pensieri rapidi sulla cannabis.
1. Credo di non avere mai sentito affermare: «la cannabis non fa male». Si sostiene, piuttosto, che nella storia dell`umanità non si registra un solo caso di morte per consumo di marijuana. E questo è tanto inconfutabile quanto l`evidenza scientifica che l`abuso di quella sostanza può determinare nei minori danni anche gravi.
2. Ma se questo è vero, perché mai la cannabis deve essere sottoposta a un regime totalmente diverso da quello che regolamenta altre sostanze assai più nocive e fin letali? Sostanze che, come l`alcol e il tabacco, sono perfettamente legali e, proprio per questo, sottoposte a obblighi e vincoli, divieti e sanzioni. Per converso: se la strategia proibizionistica fosse invece ritenuta efficace, perché allora non applicarla nei confronti di alcol e tabacco, disponendo la loro messa al bando e la penalizzazione dei consumatori?
3. Dal momento che nessuno sembra propendere per quest`ultima soluzione, si provi a rovesciare il ragionamento, estendendo alla cannabis lo stesso identico regime adottato per alcol e tabacco (e che ha ottenuto, grazie a programmi di dissuasione, una notevole riduzione del numero dei consumatori di quest`ultima sostanza). Ovvero la regolamentazione legale di produzione, commercio e distribuzione, attraverso procedure di controllo e fiscalità, concessioni e limiti.
4. Come si vede ciò che auspico non è, dunque, la «liberalizzazione» paventata da Giovanni Belardelli (Corriere, 8 settembre) e dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, bensì il suo esatto contrario. Liberalizzazione, infatti, è il regime oggi in vigore in Italia: un sistema che permette a chiunque, a qualunque ora del giorno e della notte, in qualsiasi via o piazza di qualunque paese o città, di acquistare una qualsivoglia sostanza stupefacente presso un`estesa rete di esercizi commerciali: gli spacciatori. Non è esattamente questo un regime di liberalizzazione (illegale)?
 5. La mia proposta di incaricare lo Stabilimento chimico farmaceutico militare della produzione di farmaci cannabinoidi non è «un escamotage» per rendere «più facile» la legalizzazione della cannabis a scopo ricreativo. È il doveroso adempimento, con un ritardo di quasi otto anni, di un ragionevolissimo obbligo di legge. E un contributo per alleviare le sofferenze di migliaia di pazienti.

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